Page 11 - Vita di Lionardo Vigo
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E i suoi tempi                     69


          v1cmo  a  morte  con  l'aiuro  di  un  domenicano.  l'Abbace  lanciassi
           come  i n cubo  sul  fratello  spirante,  e  canto  mestò  e  disse  e  spinse
           che  o t tenne  di  partire  l'agonizzante  i  beni  a'  figli,  per  evirare  le
           perizie  e  le  possibili  lici.  Così  col t o  al  laccio  mio  nonno,  sfìniro
           di  forze  e  debolissimo  di  mente.  confidò al  domenicano  una  lista
           con  la quale fu  fatta  la  partizione del leone.  La  scrisse  un  Martino
          Geraci  i m  piegato  di  famiglia.  e  mentre  mio  padre  in  lucro  per
           la  recente  perdira  della  moglie,  piangeva  quella  del  padre  ora­
           mai  vicina,  l ' i n d emoniato  Abbate  e  seco  altr i .   che  non  voglio
           nominare.  come  gli  ebre i ,   patteggiavano  le  vescimenta  del
          Cristo.  n u lla  curami di  morte e  di vira,  e  di  q u alche  cosa  più  sa­
           cra:  pochissimo  quindi  toccò  all ' i gnaro  Pasquale,  e  perché  la  for­
           tuna  aiuta  i  suoi  prediletti,  un  foglietto  ove  notavansi  taluni  mi­
           croscopici  fondicelli,  come  briciole  d i   banchetto.  assegnatili  dal
           padre . . .   q u el  foglietto  fu  smarrito  dall'imprudente  Geraci.  I n   si
           farro  modo  fu  spogliato  mio  padre,  e  la  morte  di  mio  avo  fu  per
           noi  lucro  e  memoria  di  perpetue  lagrime.
             Il  Barone Vigo  mi  condusse  a  baciar  le  man i   del  cadavere  ve­
           nerando  ed  ho  ancora  sotto  gli  occhi  quella  nobil  figura,  e  spero
           non  dimenticarla  giammai.  Quantunque  grande  parte  dc'  miei
           inforcunii  mi vengan  dall'avolo,  io  lo  benedico.  perché  mi  offese
           sedotto  da  diaboliche  arei,  e  prego  D  i o  di  averlo  nella  sua  santa
           grazia.  e  di  non  imputargli  il  male,  che  i n volon t ariamente  m  i
           f e ce.  E  qui  tralascio  ranci  e  ranci  tranelli ,   e  spogli  per  n o n   an­
           noiare chi  legge,  q u ant u n q ue dovrebbero registrarsi  per conoscere
           appieno  il  carattere  i n r i m  o  di  ciascuno  degli  attori  di  questo
           domestico  dramma.
             Ma  non  toccando  la parte economica.  gretta per se  medesima,
           ricorderò  il seguente  aneddoto, che p u ò  dar lume a  penetrare  nel
           fondo  del  cuore  di  mio  zio  Salvatore.  ben  conosciuto  in  Sicilia.
           Ecco  un  finestrino  di  Mamo.  Com'è  stato  detto,  mio  nonno  la­
           sciava  ci nque  maschi  e  quattro  f e mine,  l'ultima era  Giuseppa;  or
           mentre  costei  era  travagliata  da  una  morrai  cosse,  e  proprio
           quando nello spasimo della convulsione, con  occhi  stralunaci,  non
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