Page 34 - Raccolta amplissima di canti popolari
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III. DELL ITÁLICA LINGUA, POETI ECC. 31
1л UD Codice M. S. posseduto dal Redi lingua, che ab antico parlavasi, e non ad
serbato nella Laurenziana di Firenze al nu duce più testimoni.'inze, perché sono a cen-
mero 188, trovansi a p. 193 le segnen ti ot- tinaja nella presente Raccolta e nelle opere
tave col tilolo di mano del Rudi : ottave si- a stampa e MS. de'patlri nostri; ma pri
cíImm bellissime. ma di spingerci oltre è mestieri avvertire,
che se alcuua fiata trovasi negli andati tem
I'roposta pi adultérala, ció avviene per ignorauza, o
meglio per boria di chi la setivea ; purissi-
Tiranna, quannu ti vai a confessari 111a fu sempre sulle labbra del populo, ch'ó
Cha non le dici cha me fai niuriri ? l'ullimoa farsi corromperé dalle foresterie.
Che Tita sfortiinata me fai fari, Con le fatali dominazioni dogli stranieri, so-
Chien* di chianti, lacrime e sospiri ? nosi immedesimali al siciliano vocaboli eso-
Oh, che bel modo, o che bel confessari ! tici, e la presente favella, e più nelle cilla,
Quaodo ce vai anch'io ce boí veniri, è meno ingenua e verginale di come ne'se-
AJ aula voce a lo frati a gridari : coli XI, XII e XIII.
Non l'assolvele clie me fà inoriri.
III
Шмроя«»
DELL' ITÁLICA LINGUA, DEI PORTI DEL PRIMO
Quanno che me confesso amare a tia, SECÓLO, E DEL SUO DECADIXENTO FBA Я01.
He dice lo me sabio confessoro,
Che tlebüa gioia abbandonare a tia; L' itálica lingua ebbe origine e svolgi-
Solo in pensacce me cunsnmo с accoro: mento cumuni con Г insulate, e oltre le ra-
luce che se f amasse io peccheria, gioni logiche e storiche sopradette e ben
Oh caro, amato e dolce mió tesoro; cognite, basta a convincercene quanto leg-
Vide a che ponto sta la vita mia, gesi nella leltera del clero romano a Fede
Sé tamo io pecco.e se non t'amo, io moro (1). rico Barbarossa, ové riferita Г acclama zio-
ne di quel popólo, creando papa Vittore
Di Bartolonieo Corbera , pretore di Pa nei 1157: Papa Vütore s. Pietro Г elegge;
lermo nel 1473, abbiamo una canzone ser- e quanto Riccardo da s. Germano nella sua
baUci da Claudio Mario Arezzo (2), e voi Cronaca riferisce avvenuto nel mese di giu-
la in italiano dal Bembo negli Asolani. gno 1233, cioè esser ito a s Germano uno
vestito nel sacco de" Frati minori, aver con
Pn la continua guerra chi a gran tortu vócalo il popólo a suon di corno, cantando
Sustegnu, pighiu tantu di rispettu, nllelluja e rjicendo in segtiito: Benedictu,
Ca lu me corpu a pocu a pocn portu laudatu e glorificatu lu Pntri ; benedictu
A morti, chi ecu gran placiri aspettu: laudatu с glorißcatu lu t'illu ; benedictu,
Cornu mi viyu quasi essiri mortu, laudatu e glorißcnlu 1ч Spirilu santu , e
К crixi tantu granni lu dilettu, questo stesso rispondeano i fanciulletli, che
Chi Г allígrizza causa un tal eunfortu, eran presentí. 1 quali passi ne certilicano
Chi allonga la mia vita a mió dispettu (3). vieppiù délia sua popolarilá e universalis
in Italia. É quesla quell' istessa usata nel-
Cosí è continnata a mantenersi viva la Г epístola deí baroni siciliani, e che sin dal-
(') Francesco Redi morí di 71 «irai nel i6gS. (3) Gosi il Bembo la parafrasava:
'o qu^ite ottavo le desinence e qualcho roce tono
"late da loi italianizzatc, arendole ferilte rom' egli Quand' ¡o pensó al mnrtírp,
« proaunziava. Me ne fu data copia dall' egregio Amor, che tu mi dai gravoso e forte,
ею emieo Agnstíno Gallo, il quale disso averie tra-
Corro per gir a morte,
«ritte dalTaulografo nel suo ultimo viaggio in Italia Gosi sperando i mici donni Uniré:
ígnito prr rareogliero ed emendare le poi-sie dei Ala poi che giunjro al passo,
iiciliani del primo locólo , opera che con crescente
Ch'é porto in questo mar il'ogni tormento,
inpaiieoia da lui attende Sicilia , с nel 1 - "•- le Tanto piacer ne sentó,
tumpai come egli me le diedo. Wol febbraro 1Я69
Che l'alma si rinfresca, ond'io nol posso;
Tblli leggerle io stesso, quindi oggi le ripubbljco
Cosí il river m'ancide,
qeali tUnno nel testo, senza o*are no correggerle , Cosi la morte mi ritorua in vita,
m migUorarle. Ansí mi giura produrlc a conferma O misera Infinita,
& come lo stesto F. Bedi scrivesse il siciliano- Con- Che l'un apporta, e Г nitro non ueeidc.
uderi poi lo strazio fatto dei nostri pocti del du-
gMto da* copisti ignorant i ! Mi è stato irapossibile trovare le ducC*uzoni ря-
{•) Osserrazioni dolía lingua siciliana, e canxoni rafrasate in due Sonetti dal Leinene, che 1ср<;,,пч'
»d proprio idiom«. Messina per Pietro Spira i543 nell* edizione délie di lui роеме di Milano 1726,
'■ *i РЧ- 9- torn. 1. p. JoJ-