Page 117 - Raccolta amplissima di canti popolari
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             tore áe\ribobolo il), delle idee viele e tri  curo di non comprendervi; e mi dorrebbe
             te, della br.ivala, delle ire letlerarie, assali-  il disinganno di avervi compreso; perché
             tore, molestatore, inarlirizzalore, svililore,  il pubbliuu polrebbe cliiedervi la spiega di
             promotore dei vocabolisturii di desiderio ,  avere seritto in modi cotanlo conlracJillorii
             che si èdelizialo edelizia »elle fútili astra-  dell' istesso uomo e dell' istesso argoniento.
             zioui didascaliclie ее. ec, non puo essere  E non so come potresle sciogliere Г eniíij-
             che qualche cosa al di sotlo del zero, e per  ma voi medesimo.
             arrota un  malvagio ,  immeritevole  del  Da savio e tempéralo cittadino a 7 giu-
             rispetto e dell'ainicizia degli oltimi, e più  gno 183 r mi mauifestavate nun volere il
             di voi da me preso a bersaglio. Se ció è,  Giornale letlerario palestra d'ingiurie e per
             come e perché  mi voleste collaborator  sonality, ed io faceva eco al vostro propo
             del vostro Giornale, per arricchirlo e ono-  sito. Or come avete dimeulico, anzi abiu-
             rarlo dei miei preziosi e impareggiabili la-  rato quella massima nelle Reminiscenze ?
             vori, teslimonii dell'alto mió mérito; per  La ditesa l'ammiro, Г olt'esa non mai; e in
             ché nelle ottanta e più lettere direttemi da  quest' opera storica adoperale unaspada non
             che ci conosciamo, per un inlero trentennio  ad uno, ma a due tagli. Vi avrei desidera-
             vi dichiarate gempre uno de' miei [>i ù sin-  to maggiore equaniinità, e più che altro nel
             ceri e coslanti amici, che mi apprezzate e  vostro intéresse. Nel mió basta avervi ri-
             stimate moltissiino, e per non ricopiare ol-  badito averinleso alia gloria, alia concordia,
             tre le vostre parole, giungete a tale da co-  alia non effiuiera prosperità della Sicilia,
             minciare la lettera del 9 ottobre 1847— nó  e non mai a rompervi le uova nel paniere.
             tate il tempo —con la esclainazione enfáti  In quel Capitulo avete voluto idoleggiare
             ca: « Grande é l'amore che vi porto i ? ! Né  drammaticamenle una specie di triade infe
             contento a quesle private e confident! nia-  ra, un trifauce vostro persecutore. Non co-
             nifestazioni, mi proclámate in istampa uo-  nobbi mai Caruso; dissento dai volonlarii
             mo di santi desiderii, di alto ingegno, de-  errori storici di Aniari, che combatiere sem-
             gno di appartenere a quesla celebre tena  pre, non rifiutandomi a stringergli la niano.
             ec. E quel che fa maggior maraviglia si è  Percio nella rislampa delle Reminiscenze,
             il meltermi in ischiera con Della Marghe-  o in ultra vostra novella opera, traniutale
             rita, Alberi, Relier , Guizot , Michelet, Luy-  di grazia i:i Glano il mostró tricípite, с se
             nes ec. ec, a p. :Í53 delle Reminiscenze, с  mai vi talenta ritraete nel duplice aspetlo
             chiamarmi cima di dottrina, e slainpare la  di quel semideo i sunnominaii arabisli, lo-
             mia lettera del 10 novembre 18GJ a testi  gliendovi (2)
             ficare il pregio delle vostre Leggende.
               Ad onla di avermi serillo il lOfebbraro  Aci 30 luglio 1870.
             1848, Voi sapete il mió cuore, il pensier
             mió, la mia penna, il mió labbro;— vi assi-                L. Vico.

              (i) Non so  strol(>gare come  un  Ragionnraento  forte Tolere, alacrità. Corangin  civile, frnnrlieirn:
             lessicografico possa appellnrsi ribubolo; la lingua с  ecco il motivo per cul nciiiico d* ogni ipocrisia, V Lo
             la lógica tí si ribeUano. E qui mi ferrao.  serapre miuniralo, e ad onta delle no^tro рогиоплИ
              (a) Mortillaro ha pochi ebe lo paregginno in mc-  dísopinioni. IVoi, lo ripeto, ci battinmo de tptí pa
             rito poeiÜTu; e furse nessunol'uguaglia iti desterita,  latini.
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