Page 89 - Sotto il velame
P. 89
viventi; e perciocchè vivere è per molti modi, siccome nelle pian-
te vegetare, negli animali vegetare e sentire e muovere, negli uo-
mini vegetare, sentire, muovere e ragionare, ovvero intendere (al-
cuni testi hanno intelligere); e le cose si deono denominare dalla
più nobile parte; manifesto è, che vivere negli animali è sentire,
201
animali dico bruti, vivere nell'uomo è ragione usare.» Or qui
Dante ha nel pensiero appunto questo ragionamento conviviale,
che lo conduceva a dir vile, anzi vilissimo, e bestia, e morto, chi
non segue, non potendo essere «da sè guidato», le vestigie degli
altri. E qui Dante tocca di quelli che non usano affatto l'intelletto,
quindi non si servono di quello «alcuno lumetto di ragione» che
ci vuole per o discernere da sè o imparar da altri a discernere le
vie del cuore. Ed è naturale che a Dante, uscito allora allora dalla
selva e già in cammino, rovinando, per tornarvi; Virgilio parlasse
di quelli che dalla selva non uscirono mai; ed è naturalissimo che
entrando nel vestibolo dei vili e non mai vivi, che è la stessa cosa,
Virgilio parli di viltà, e dica:
Ogni viltà convien che qui sia morta;
che viltà è più propriamente, come Virgilio dichiara, quella 202
la qual molte fiate l'uomo ingombra
sì che d'onrata impresa lo rivolve,
201 Benvenuto infatti spiega: «perdettero l'intelletto, che è il più gran bene, e
che distingue l'uomo dalle bestie...» Il bene dell'intelletto è il vero (Arist.
Eth. 2, 6, citato in Summa 1a 94, 4). Adamo peccò rinnegandolo, miscono-
scendolo; peccò, non ostante che egli vedesse il vero: non fu ingannato. E
così corruppe quel primo stato umano, in cui l'inganno non era possibile.
Gli sciaurati quel primo stato, in cui il vero si vede, lo riebbero dal Cristo;
ma il vero lo videro invano; lo trascurarono, lo gittarono, l'hanno perduto.
Vedi quell'articolo della Summa sopra citato. Vedi anche nel Conv. II 14: la
verità speculare... è ultima perfezione nostra, siccome dice il Filosofo nel
sesto dell'Etica, quando dice che 'l vero è il bene dell'intelletto.
202 Inf. II 46 segg.
89