Page 86 - Sotto il velame
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da' ciel piovuti, che stizzosamente
dicean: Chi è costui, che senza morte
va per lo regno della morta gente?
Dante è breve, ma chiaro. Il segno ha avvertito anche la custodia
della porta, perchè sia pronta ad aprire. I custodi hanno aperto,
hanno guardato, hanno visto che un de' due che Flegias ha recati,
è vivo. Sono allora accorsi diavoli in frotta, a veder la novità for-
se minacciosa per loro. Come sanno da Virgilio ciò ch'a lor si por-
se, subito tutti rientrano, ricorrono dentro, e chiudono, e serra-
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no. Erano corsi fuori, ricorrono dentro; avevano aperto, chiudono.
Così mi pare. E poi Dante qui ha il pensiero nella filosofia cristia-
na, ma l'occhio nella visione Virgiliana. La porta dell'interno
Averno è in Virgilio aperta notte e giorno, ma quella del Tartaro è
chiusa, e grande, e con stipiti di ferro che nè uomini nè Dei pos-
sano infrangere : si apre solo quando il reo ha subìto il giudizio
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di Radamanto e il flagello di Tisifone.
E in Dante, come chiusa è la porta di Dite, così chiusa doveva
essere l'altra, quella dell'inferno totale. Non era questa, prima del-
la discesa di Gesù, equivalente a quella? Dite non reggeva ancor
lassù? il grande stuolo non era a quella porta men segreta? E apri-
vano, via via, a chi si presentava. E dunque la porta chiusa è sim-
bolo di dannazione e di morte e di servitù e di peccato, e la porta
aperta e lasciata senza serrami, sì che non può più chiudersi, è
simbolo di redenzione e di battesimo e di salvazione e di libertà.
Pure anche qui distinguiamo. Per uno che beva ancora la luce,
è segno di redenzione; per chi è corporalmente morto, è segno sì
di redenzione, ma della redenzione che fu vana per lui. La porta è
spalancata, ma su vi è la scritta di morte:
lasciate ogni speranza o voi ch'entrate!
193 Inf. VIII 118: ciascun dentro a prova si ricorse.
194 Aen. VI 552 segg. 573.
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