Page 83 - Sotto il velame
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del Cristo, avvenne un terremoto, per il quale si fecero riversi nel-
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           l'inferno . Poco dopo la porta si apriva. E aperta rimase.
              Che fu la morte del Cristo? L'abbiamo già visto: fu il nostro
           battesimo. Nella sua morte noi siamo battezzati. Noi morimmo
           alla morte o al peccato, nella morte di lui. E così si può dire, al
           peccato e alla morte generalmente; e non al peccato originale;
           perchè prima di quell'ultimo alito del Dio uomo, alito preceduto
           da riversi nell'inferno e seguito dalla rottura della porta, prima di
           quell'ultimo alito il peccato originale era il peccato. Era il peccato
           che conduceva a tutti i peccati e tutti virtualmente li conteneva e
           contiene . Dante esprime questo pensamento, dicendo che i pa-
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           triarchi e tutti quelli del limbo, erano allora preda di Dite; il qua-
           le, dopo, non dominò sin lassù, ma soltanto in quella città che ha
           appunto nome Dite  da lui. Esso Dite, a simiglianza di Dio, for-
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           se, che «in tutte parti impera e quivi» cioè nel paradiso «regge», è
           bensì «l'imperator del doloroso regno», ma «regge» solo in quella
           città che ha la sua porta più «segreta» che quella dell'inferno tut-
           to . Or prima della morte del Cristo, reggeva anche nel limbo:
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           tanto è vero che a contrastare il passo al possente, dietro la porta
           dell'inferno tutto, erano i piovuti del cielo; i quali, poi, furono
           confinati dentro quella città dalla porta più segreta. Il «grande
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           stuolo»  soltanto là si può vedere, soltanto di là cominciò Dante
           a vederlo. Di che, altrove. Qui riconosciamo che la rottura della
           porta e il passo dell'Acheronte, per opera del Redentore, signifi-
           cano appunto il battesimo, che noi avemmo nella sua morte, del
           quale primi goderono quelli che crederono nel Cristo venturo, e
           conobbero quindi subito il frutto della croce. E la porta che rima-
           se aperta simboleggia appunto il volere che rimase libero. Dante
           prende a Virgilio l'idea della porta spalancata notte e giorno, e la

           183   Inf. XII 37 segg.
           184   Concetto comune. Vedi Summa la 2ae 82, 2.
           185   Cfr. Inf. XII 39 e VIII 68 e segg.
           186   Inf. I 127, XXXIV 28, VIII 125.
           187   Inf. VIII 69.


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