Page 81 - Sotto il velame
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quella morte che è la vita, e perciò vivi non furono. Per essere
vivi, dovevano mettersi per quel passo: morire. Errarono invece
irresoluti nel fioco lume della selva selvaggia, come ora corrono
senza effetto nel fioco lume del vestibolo. La selva aveva il pas-
so, per il quale potevano trovar la morte che è vita; il vestibolo
anch'esso ha un passo, per il quale essi non saprebbero trovare se
non quella morte che è la morte totale, dell'anima. Ma nè per
quello vollero mettersi, quand'erano corporalmente vivi, e così
non vissero mai, perchè non morirono della morte che è vita; nè
per questo possono, per quanto vogliano. Anch'essi hanno un de-
siderio che eternamente è dato loro per lutto; quello di morire del-
la seconda morte. Ma è un desio senza speme, anche il loro. Non
furono mai vivi, non sono nemmen proprio morti; e corrono e gri-
dano e si disperano in eterno in quel vestibolo che assomiglia alla
selva in tutto, fuor che in questo, che nella selva il passo è morte
che è vita vera e nel vestibolo il passo è morte che è vera morte; e
fin che si è forma d'ossa e di polpe quel varco là si può, volendo,
varcare; ma poi che si è ombra e putredine, quest'altro no, non si
può varcare nemmen volendo.
III.
Ma se si vede ancora lo dolce lome, sì, quel passo, che è vera
morte, si può passare col medesimo effetto di chi passa la selva,
cioè di vivere la vera vita. E come? L'ho detto. Il varco dell'Ache-
ronte conserva la sua natura: il varco dell'Acheronte è morte sì
per chi è vivo e sì per chi è morto; ma per chi lo passa morto, è
seconda morte; per chi lo passa vivente, seconda morte non può
essere, perchè non è seconda morte dove non è la prima. Dunque
per chi lo passa vivente, l'alto passo è morte prima, non seconda.
Ma poichè l'uomo che passa, è forma d'ossa e di polpe sì di là e sì
di qua del passo, questa prima morte è mistica, non reale. È la
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