Page 51 - Sotto il velame
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te di plenilunio, risponderebbe il poeta, sì, che sta; chè per un bat-
           tezzato non c'è notte buia, perchè il lume di grazia brilla per lui;
           ma che appunto a far vedere che il lume può non essere da lui ve-
           duto e usato a suo cammino, egli mise l'errante in una selva oscu-
           ra per la sua foltezza, in una selva selvaggia. E a chi allora gli re-
           plicasse che la medesima figurazione non torna per significare la
           tenebra del genere umano dopo la colpa umana, perchè la luna
           non spuntò subito dopo il tramonto del sole; Gesù non venne su-
           bito dopo Adamo; egli anche risponderebbe, che sì, subito dopo il
           peccato spuntò la luce di grazia, e che Adamo appunto credè per
           primo al Cristo venturo.
              E col senso morale è unito e fuso il senso politico o, vogliam
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           dire, sociale. Essendo la luna la virtù che consiglia l'anima  sen-
           sitiva, ella è anche l'autorità imperiale; perchè l'imperatore è colui
           che deve indirizzare al bene l'anima semplicetta del genere uma-
           no. Altissimo è questo uffizio che, a noi disavvezzi da certe idee e
           da certi raziocini, può parere strano e piccolo. Pensiamo. Dante
           ritiene bensì cancellata col battesimo la macchia originale; ma gli
           effetti di lei crede estendersi per gran parte dell'età degli uomini e
           anche per sempre. L'imperatore compie, per lui, il Redentore; e
           l'autorità imperiale è come la sanzione del battesimo. Senza essa
           il genere umano è invano redento, e vivrebbe, come avanti Gesù,
           nel peccato e nella tenebra.
              E così ognun vede che se io sono stato, in tale interpretazione,

           103    Ricorda de Mon.  III 4: «Dicono... che Dio fece due grandi luminari, il
              maggiore e il minore, perchè l'uno presiedesse al giorno e l'altro alla notte.
              Nel che ritenevano per allegoria indicati questi due poteri, spirituale e tem-
              porale». Nell'Ep. V 10 è ben definito quest'uffizio dell'imperatore con la
              stessa imagine della luna: «Non camminate, come e le genti camminano,
              nella vanità del senso e nell'oscurità delle tenebre... dove il raggio spiritua-
              le non basta, ivi ne rischiari la luce del minor luminare». Dante in quel ca-
              pitolo del de Mon. non sembra accogliere di buon grado il paragone del-
              l'autorità imperiale al  luminare minus, e l'accoglie solo ammettendo che
              questo abbia luce in proprio. Il che significa in Purg. XVI 107, chiamando
              sole anche quel luminare che fa veder la strada del mondo.


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