Page 55 - Sotto il velame
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quella nave, nè sono ancora discese quelle anime, che di qua s'af-
folla nuova gente. E la barca ritorna, e suonano le grida di quel
dimonio, si vedono nell'oscurità quei due occhi simili a carboni
accesi che ruotino; e si forma di nuovo quell'albero di foglie ca-
duche, e di nuovo si monda.
Così Dante ha veduto la morte : la morte di quelli che muoio-
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no nell'ira di Dio.
Ora tra la porta aperta e la livida palude, in quel grande spazio,
c'è, direi quasi, un mulinello perpetuo di foglie secche, che nè
escono dalla porta aperta nè si gettano nella barca. Questo muli-
nello che non si ferma mai, è una lunga tratta di gente, una turba
infinita d'anime, che corre, piangendo, urlando, guaendo, dietro
un'insegna, che gira, come da sè, in quell'aria oscura. E quella
tratta, quel groppo vorticoso, gira e corre perpetuamente come in
un aperto e ventoso vestibolo.
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d'ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle,
facevano un tumulto, in qual s'aggira
sempre in quell'aria senza tempo tinta,
come la rena quando a turbo spira 111
Passata la riviera, ecco la proda della valle d'abisso. Da essa esce
un lamento infinito. E infinita è la sua oscurità. Si scende e si en-
tra nel primo cerchio.
Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto ma' che di sospiri,
che l'aura eterna facevan tremare:
110 Non posso indugiarmi in confronti con Virgilio; ed è superfluo ammonire
che Dante spiritualizza tutte le circostanze virgiliane.
111 Inf. III 25 segg.
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