Page 52 - Sotto il velame
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più forse esatto dei miei antecessori, non però sono solo a vedere,
           piccolo omicciuolo, ciò che gli altri non videro. Siffatta solitudine
           mi farebbe diffidare d'ogni mio più severo argomentare. Ma no:
           tutti hanno nella selva veduto o intraveduto il peccato, e il disor-
           dine morale e politico, e la perdizione, e la morte. E tuttavia tutto
           ciò non è se non per il difetto di quella virtù che il battesimo in-
           fonde e a cui vedere gli occhi dell'adolescente si serrano immer-
           gendosi nel sonno; per il difetto o per l'oscurarsi della prudenza.
           Or la prudenza è tra le virtù morali virtù precipua, ed è loro con-
           ducitrice, come dietro i filosofi afferma Dante: «e senza quella es-
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           ser non possono» . Sicchè nella selva non essendo prudenza,
           non è alcuna virtù. E così tutti gli interpreti hanno sempre pensa-
           to; ma errano se aggiungono che ci sono tutti i vizi. Che lo stato
           di chi è nella selva, ed è pur senza alcuna virtù, e senza alcun
           lume, e perciò senza alcun freno, e pur servo e in peccato, e nel-
           l'inferno, e quasi morto; tale stato è più simile a quello d'un par-
           volo innocente che muore avanti il battesimo che a quello d'un
           uomo colpevole della più lieve delle reità. Ricordiamo la grada-
           zione stessa quale Dante sente dire all'aquila, nel cielo di Giove:


                                                è tenebra,
                              od ombra della carne o suo veleno.


              L'ombra della carne è incontinenza, il veleno è malizia. Bene:
           la selva è tenebra e solo tenebra .
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           104   Conv. IV 17. E vedi Summa, passim, per es. 1a 2ae 60, 1; 58, 3. La pruden-
              za, qual condizione di qualsivoglia virtù, si chiama appunto discrezione.
              105  Par. XIX 65 e seg. Ci torneremo su. Il da Buti: «Senza la grazia illumi-
           nante d'Iddio noi siamo ciechi, o per lo dimonio che ci accieca, o per la concu-
           piscienzia della carne che n'offusca o per piacere del mondo che ci corrompe».
           C'è qualche cosa di vero, ma non tutto è vero. Vedremo meglio che la tenebra è
           l'effetto del peccato originale, e l'ombra e il veleno, del peccato attuale, nella
           sua grande divisione d'incontinenza e di malizia. Per veleno uguale a malizia,
           cfr. la coda di Gerione, simbolo d'una specie di malizia, che ha venenosa forca,
           e ricordisi questo verso Par. IV (65) in cui veleno è accostato, come sinonimo,


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