Page 45 - Sotto il velame
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l'errore; poichè questo corrisponde alle parole di Beatrice e sue,
           che dicono che il sonno cominciò dalla morte di Beatrice e durò
           per una notte di dieci anni. Ma il fatto è che il poeta poi traduce il
           suo linguaggio figurato in vero, e della notte metaforica fa una
           notte reale. E questa notte ha la luna piena. E la luna piena alcuna
           volta riluceva tra i folti sterpi della selva fonda, senza però che la
           selva stessa cessasse nella sua generalità di essere oscura.
              Nè fu l'alba del giorno che condusse fuori l'errante. Egli era
           già fuori della bassura o, diremo, della profondità della selva,
           quando si trovò al piè d'un colle, e guardando in alto, vide di
           quello le parti alte illuminate dai primi raggi del sole. A uscire
           dalla profondità della selva gli giovò la luna:


                                         non ti nocque
                              alcuna volta per la selva fonda.


              Ora che simboleggia questa luna? questa luna piena? Dante
           mette altrove in relazione la luna che riguarda il fratel suo per
           diametro, con la serenità mattutina. «Simile» dice  «a Feba che
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           contempla il fratello diametralmente dal purpureo della mattutina
           serenità». Anche parlando a Forese, ricorda che la luna è la suora
           del sole, e la dice tonda; e a quel plenilunio successe un mattino
           sereno. E se Feba esprime là qualche cosa di perfetto, esprimerà
           anche qua una perfezione di splendore. Or vediamo in un altro
           luogo del medesimo trattato qual sia il significato mistico della
           luna rispetto al sole: ella, nel pensier di Dante, «a meglio e più
           virtuosamente operare riceve dal sole, che ha luce sovrabbondan-
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           te, la luce di grazia» . Nella selva fonda, poichè ell'era piena e
           contemplava per diametro il fratello, questa luce di grazia la luna
           riceveva come in nessun'altra fase. Or non è questa luce di grazia
           che trasse Dante dal profondo della valle e lo condusse al piè d'un


           94   De Mon. I 13.
           95   De Mon. III 4.


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