Page 425 - Sotto il velame
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concetto è quello della Comedia e quello delle ultime parole della
Vita Nuova che suonano: studiare per dir di lei, per tornare a lei,
per riveder lei, la morta amata. Dante riprese tal quale la mirabile
Visione d'allora; che aveva messa da parte, prima, perchè non an-
cora addottrinato; poi... perchè? Perchè non abbastanza infelice!
Perchè aveva ancora qualche rifugio di speranza nel mondo! Per-
chè poteva ancora ricoverarsi in qualche luogo che non fosse il
regno della morte!
La fine dell'alto Enrico, come egli lo chiama, voleva dire per
lui la perdita per sempre della patria. Se dopo ebbe qualche barlu-
me di speranza, che il poema sacro vincesse la crudeltà dei pro-
scrittori, allora, nel 1313, questo barlume non l'aveva. Fu quella
fine che lo determinò all'altro viaggio; cioè a mortificare ciò che
nella sua anima era di mortale, giù per gli abissi; e purificare ciò
che nella sua anima era ancora di macchia e di caligine, su per il
monte; e salire, bello della santa ira sua e della sua santa carità, a
Dio, di spera in spera.
E quasi alla fine dell'altro viaggio, quando mancano appena i
tre ultimi canti ineffabili dell'ineffabile Trinità, egli vede un seg-
gio vuoto con su una corona. È il seggio destinato ad Enrico
ch'a drizzare Italia
verrà in prima ch'ella sia disposta.
Quel seggio deve ricordare a lui la speranza venuta meno, del
suo ritorno in patria; deve ricordare a lui il momento, in cui scris-
se il primo canto della Comedia, quello che tutta la riassume. Oh!
non fu il veltro, questi cui si aspetta il seggio vuoto! Oh! non fu
rapido e forte, come doveva! Oh! l'esilio continuò più duro che
mai! Pur quanta dolcezza nelle parole di Beatrice, che accennano
al futuro ma riflettono il passato! Gl'Italiani che non hanno accol-
to il buono Enrico sono assomigliati al fantolino
che muor di fame e caccia via la balia.
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