Page 422 - Sotto il velame
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consumare il tempo a Cremona; a Brescia, a Pavia, Vercelli, Ber-
gamo... Oh! non viene in mente quel verso, in cui non suona solo
la rima, ma riluce il pensiero:
questi la caccerà per ogni villa?
Non vedete perchè il poeta abbia pensato come uccisore della
lupa un veltro (tolgo questa citazione al bello e dotto studio del
mio caro Cian) 1184 , il veltro che era considerato nel medio evo
come cane velocissimo, e di cui Dante stesso nel Convivio aveva
detto, che la bontà propria era il bene correre? Non capite che egli
dice perchè il grande Enrico non potè uccidere la lupa? Perchè
non corse, perchè indugiò, perchè fu lento e tardo. Rumpe moras:
diceva Dante all'imperadore da sotto la fonte dell'Arno. Velocità
ci vuole, fa dire a Virgilio nella piaggia deserta. E così chi non
sente piuttosto il dolore della speranza delusa, che il fremito della
speranza risorta, nelle parole 1185
O ciel, nel cui girar par che si creda
le condizion di quaggiù trasmutarsi,
quando verrà per cui questa disceda?
Non è l'esclamazione, questa, d'uno che aspetti, ma di chi aspettò
e fu deluso. Persino quella espressione «par che si creda» rispetto
a cosa, a cui Dante credeva benissimo, sa di sconforto supremo.
Oh! il veltro fu pensato dopo la delusione di quella che egli chia-
mò invano faustissima corsa del divo Enrico; quando egli vide
che corsa più rapida ci voleva, e più risoluto principe.
Israele non fu liberato. Il suo retaggio, che piangeva senza in-
termissione a lui tolto, non gli fu restituito. Dante continuò a ge-
mere esule in Babilonia; non potè, tornato cittadino, respirare in
1184 «Sulle orme del Veltro, Messina, 1897»: al qual libro, tutto acume e forza,
rimando il lettore per ciò che si riferisce al Veltro.
1185 Purg. XX 13 segg.
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