Page 406 - Sotto il velame
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sue parole e che non presentisca che là, dove «un'aria limpida, più
           spirabile che da noi, veste la pianura di luce purpurea, e si cono-
           sce un proprio sole e proprie stelle» 1149 , dove si danza e si canta,
           ha a essere anche lui tra gli eroi e i sacerdoti.



                                          V.

                                 BEATRICE BEATA


              La fonte dice distintamente il suo nome nel mistero. È la don-
           na che Giacobbe ama, la donna per cui egli è servo di Laban. E
           serve sette anni, e invece di lei ha Lia; e serve altri sette anni, e
           allora acquista Rachele. I primi sette anni sono stati l'esercizio
           delle quattro virtù, che si assommano nella giustizia, per vincere i
           sette peccati; i secondi sette anni sono stati la purificazione dalle
           macchie lasciate da quelli, sette cicatrici di sette piaghe, e la pro-
           messa di sette premi che avrà in cielo il viatore. Dopo due setten-
           nati la vita attiva di questo è disposta nella visione. Dante è pas-
           sato attraverso le fiamme che mondano il cuore e l'occhio. Vedrà.
           Cioè, Lia si specchia; cioè, Matelda sa e vede. Cioè, Giacobbe
           possiede Rachele; cioè, Dante rivede Beatrice. I simboli si fondo-
           no e s'intrecciano perchè sono come predicati d'un solo soggetto.
           Dante studia, si fa forte contro ogni ostacolo, acquista la virtù e
           l'arte, diventa atto alla visione: vede. Questo è il senso della mira-
           bile favola: Dante segue Virgilio, Enea gli apre le porte di Dite, si
           trova con Catone, incontra Matelda, è avanti Beatrice. A mano a
           mano i simboli si scindono, e d'uno si fanno due. Matelda, se ra-
           gioniamo è Beatrice; perchè ella significa Dante che, con l'eserci-
           zio della vita attiva, si è fatto veggente. Ma il suo essersi fatto
           veggente è Matelda; l'essere veggente è Beatrice. E Virgilio è, in
           certo modo, l'una e l'altra. Egli dice d'aver tratto Dante, là dove

           1149   Aen. VI 640 sq.


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