Page 353 - Sotto il velame
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Ma «quivi è la rosa in che il Verbo divino carne si fece», quivi ri-
           suona il nome «del bel fiore» che Dante invocava mattina e
           sera 1007 . In lei misericordia! in lei pietate! Qui si vede l'atto di
           quei candori che si stendono in su, come il fantolino tende le
           braccia «in ver la mamma... poi che il latte prese» 1008 . E c'è oltre
           che misericordia, oltre che pietà nel senso di regolatrice dei nostri
           doveri verso il prossimo, v'è la  pietas  nell'altro senso augusto.
           Quivi il Poeta è esaminato intorno alle tre virtù sante, nel cui
           esercizio si assomma la pietà o religione 1009 . E Pietro maledice ciò
           che è nelle bolgie, la simonia, lo scisma, l'ipocrisia dei lupi in vi-
           sta di pastori; e fa più altamente sonare ciò che Dante disse a co-
           lui che forte springava. E infine... oh! forse si legge la parola pie-
           tà e la parola misericordia in quell'alto e pur mesto scongiuro alla
           «crudeltà» che serrava il Poeta fuor dell'ovile. Scongiuro subli-
           me! Vi è dentro la coscienza della sua grandezza. Egli nomina «il
           poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra». Ma vi trema
           un'altra voce d'accoramento umile. Quale straziante imagine è
           della pecora a cui è chiuso l'ovile, e che bela di fuori, nella notte!
           Onorate l'altissimo poeta! sembra dire. E sembra aggiungere: Pie-
           tà! vorrei morire nel mio dolce nido: apritemi le porte! lasciatemi
           vedere il fonte del mio battesimo, prima che io entri nella tomba!
              Resta il nono cerchio. Vi si discorre del «maledetto superbire»
           di Lucifero 1010 . Vi si vedono gli angeli rimasti fedeli. Essi furono
           umili, come quello fu superbo. Essi non volser viso dalla faccia di
           Dio, come quello alzò le ciglia contro lui 1011 . Qui si è beati della
           beatitudine, che esso non volle, e si gode la visione del Signore,
           che esso non temè.
              E concludendo questi non più che cenni di maggior trattato,
           dico che il paradiso, dopo le due spere inferiori, che sono come il

           1007   ib. 73 seg. 88.
           1008   ib. 121 segg.
           1009   Par. XXIV-XXVI.
           1010   Par. XXIX 55 segg.
           1011   ib. 77. Inf. XXXIV 35.


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