Page 351 - Sotto il velame
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Qui è «dolce frui», qui sono «fiori di letizia» qui è «eterno piace-
re». E come tal gioia è consolazione di quel pianto, così l'amore
ardente e il caldo amore e il fuoco di vero amore è proprio il con-
trario di quel poco o lento amore, di quella tepidezza. E le parole
scritte nell'aquila diligite iustitiam, si oppongono, la prima, a que-
sta pochezza e lentezza e tepidezza d'amore, la seconda al diniego
della giustizia, alla viltà che laggiù laggiù nel brago dello Stige
rissa e gorgolia. E i gran regi, che staranno laggiù, quassù sono
designati. Or non leggeremo noi in questo cielo la parola fortitu-
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do? «O milizia del ciel» esclama il Poeta. E l'aquila se rende
imagine di giustizia, ha, per ciò che ho detto, spirito di fortezza:
di quella fortezza che fa alcuni uomini divini, come voleva Ari-
stotele; di quella virtù eroica o divina che i dottori cristiani dice-
vano appunto, interpretando a modo loro Aristotele, ispirazione
dello Spirito Santo, mediante i suoi doni 1000 .
E troveremo la scienza nel cielo di Saturno? Certo v'è la beati-
tudine dei pacifici. Già Saturno «sotto cui giacque ogni malizia
morta» bene nomina il cielo che è opposto al primo cerchio della
malizia, dove Virgilio spense quell'ira bestiale. E sono contem-
planti i pacifici che lassù godono. Ma è in questa spera indizio di
quel dono per il quale la ragion pratica è condotta ad apprendere
la verità? Sì. In questa spera a una domanda sulla predestinazione
si risponde 1001 :
Ma quell'alma nel ciel che più si schiara,
quel serafin che in Dio più l'occhio ha fisso,
alla domanda tua non satisfara;
però che sì s'inoltra nell'abisso
dell'eterno statuto quel che chiedi,
che da ogni creata vista è scisso.
999 Par. XVIII 124, XIX 2, 22, XX 77.
1000 Summa 1a 2ae 68, 1.
1001 Par. XXI 91 segg.
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