Page 342 - Sotto il velame
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della fortezza. Appena in questa è Dante, ecco :
«O virtù mia, perchè sì ti dilegue?»
tra sè stesso dicea, che si sentiva
la possa delle gambe posta in tregue.
Questa spossatezza lo conduce a chiedere un ragionamento al
maestro :
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Se i piè si stanno, non stea tuo sermone.
Così l'anima si avvantaggerà della debolezza del corpo. Dante
crede che Virgilio patisca anch'esso d'un po' d'accidia e che «lo
troppo domandar» gli gravi, e perciò non apre il suo «timido» vo-
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lere . Nè è da omettere che il ragionamento si riduce poi a di-
scorrere della libertà dell'arbitrio, il cui difetto produce la totale
accidia, la difficultas originale, contro la quale è appunto il dono
della fortezza. E la luna anche qui risplende «come un secchione
che tutto arda», e così riporta il nostro pensiero alla selva e al
sonno; al sonno della selva e al sonno del limbo; e Dante sta
«come uom che sonnolento vana» . E gli esempi che sono ferza
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e gli esempi che sono freno, e gli atti degli accidiosi, si appuntano
manifestamente nell'idea di fortezza.
Nè meno chiara è la presenza del dono di pietà nella cornice
dell'invidia: tanto più quando pensiamo che la pietà ci perfeziona
nei doveri verso gli altri, come la fortezza in quelli verso noi,
contro il timor dei pericoli, quali erano quelli che fecero sostare
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nella lor via gli Ebrei di Moisè e le donne di Enea . E la pietà si
può dir tutt'uno con la misericordia e con la carità; ed è inutile in-
951 Purg. XVII 73 segg.
952 ib. 84.
953 XVIII 5 segg.
954 ib. 76 segg.
955 Summa 1a 2ae 68, 4.
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