Page 340 - Sotto il velame
P. 340
corregge il giudizio di Virgilio; e ricorda in questo suo nuovo di-
scorso, un verso di Virgilio, per il quale si ricredè del suo errore
di prodigo, e in questo verso... a caso, lettore?... in questo verso è
la «fame». Prima tanta sete, ora la fame; prima Sitiunt, ora «esu-
946
riendo» . Ed è appena dileguato il dubbio di Virgilio, che gia in
lui ne sorge un altro: come fosti cristiano, se la Tebaide ti mostra
947
pagano ?
qual sole o quai candele
ti stenebraron sì?
E l'altro gli dice che fu, dopo il lume di Dio, una lucerna che Vir-
gilio stesso teneva, ma dietro sè! A Virgilio quel dono era manca-
to. La conversazione continua tra i due; e Dante 948
ascoltava i lor sermoni
ch'a poetar gli davano intelletto.
E vedono l'albero della vita e poi l'albero della conoscenza del
bene e del male. E di qui innanzi di fame e di cibo e di vivande e
anche bevande si parla a ogni tratto; come è naturale, trattandosi
della colpa della gola punita con l'odore di quei primi dolci pomi.
E mentre continua questo dubbiare e questo ingannarsi e questo
ricredersi, sì che Dante non crederebbe che «l'odor d'un pomo sì
governasse», e ammira «per la ragione ancor non manifesta», e
non avrebbe riconosciuto al viso e sì lo riconosce alla voce, il suo
Forese, e Forese chiede a lui delle due ombre, ed esso all'altro,
«che sì lo spoglia», e Dante avrebbe pensato «trovar laggiù di sot-
to» l'amico; e l'amico non sa rendersi conto dell'andar di Dante,
«che gli si cela»; e Bonagiunta, che riconosce in Dante colui che
cantò «donne che avete intelletto d'amore», solo ora, issa, vede il
946 ib. 40.
947 ib. 55 segg. 61 seg.
948 Purg. XXII 128 seg.
340