Page 335 - Sotto il velame
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prossimo e la fortezza in ciò che riguarda noi, ed è contro il timor
dei pericoli; e la scienza perfeziona la ragione pratica a giudicar
rettamente, la sapienza la ragione speculativa; e così l'intelletto
dirige la ragione speculativa ad apprendere la verità, e a questo
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medesimo fine il consiglio dirige la ragione pratica . In questa
dichiarazione il nostro pensiero si ferma in ciò che due doni sono
per il giudicar rettamente, chè in ciò si travede la ragione dello
sdoppiamento fatto dal Poeta, di famelici e assetati di giustizia.
Sono, in Dante, questi assetati e famelici, quelli che abbiano
mondata la macchia della avarizia e della gola. Or contro l'avari-
zia e la gola, possono i doni degli spiriti di scienza e di sapienza?
Secondo l'ordine sopra designato, sarebbero invece il consiglio e
l'intelletto. Può Dante avere mutata la teorica dell'Aquinate?
Può. Invero della sapienza egli pensa diversamente . «Nella
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faccia di costei appaiono cose che mostrano de' piaceri di Paradi-
so»: negli occhi e nel riso. «E qui si conviene sapere che gli occhi
della sapienzia sono le sue dimostrazioni, colle quali si vede la
verità certissimamente; e il suo riso sono le sue persuasioni, nelle
quali si dimostra la luce interiore della sapienzia sotto alcuno ve-
lamento: e in queste due si sente quel piacere altissimo di beatitu-
dine, il quale è massimo bene in Paradiso. Questo piacere in altra
cosa di quaggiù esser non può, se non nel guardare in questi occhi
e in questo riso». Qui è la sapienza che consiste nel veder la veri-
tà, e la sapienza che è suprema beatitudine. Per limitarci, ricordia-
mo che l'ultima beatitudine è per Dante la mondizia del cuore,
perchè promette e permette la divina visione; ricordiamo che «lo
dolce Padre» mentre Dante attraversava il fuoco, per confortar-
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pur di Beatrice ragionando andava
dicendo: Gli occhi suoi già veder parmi.
924 Summa 1a 2ae 68, 4.
925 Conv. III 15.
926 Purg. XXVII 52 segg.
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