Page 339 - Sotto il velame
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Virgilio conchiude :
Omai veggio la rete
che qui vi piglia, e come si scalappia,
per che ci trema e di che congaudete.
Si rende ragione di tutto... Cioè, no: vuol sapere chi è Stazio e
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come sia lì da tanto tempo . E già nel parlare di Stazio, sorge
una nuova occasione di dubbio. E Stazio non interpreta a dovere
il lampeggiar di riso che dimostra Dante, e questi non ha dichiara-
ta la vera cagione del suo ammiccare, e non ha palesato che la sua
scorta è Virgilio, che già Stazio si inganna ancora e per un mo-
mento dismenta la sua vanità e giudica cosa salda ciò che è om-
bra. E risuona la voce: Sitiunt. Se tutto questo trattato dichiara che
nell'avarizia è il principio dell'ingiustizia, e che l'ingiuria dei papi
e dei re, o meglio la loro cupidità, è il malanno del mondo; se di-
mostra limpidamente che anche nel purgatorio la lupa è meglio
ingiustizia che avarizia; dice, ancora, questo trattato che il consi-
glio è il dono contro l'avarizia; perchè ci fa giudicar rettamente
nella via pratica.
E si passa senza transizione al dono che ci fa giudicar retta-
mente nella via speculativa: all'intelletto. Subito dopo la voce del-
l'angelo, Virgilio è preso da un dubbio, da una tentazione, direm-
mo, di giudicar malamente di Stazio. Come mai Stazio fu avaro?
E Stazio comincia col principio generale :
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Veramente più volte appaion cose,
che dànno a dubitar falsa matera,
per le vere ragion che sono ascose.
L'intelletto le deve scoprire, queste vere ragioni. E così Stazio
943 ib. 76 segg.
944 ib. 79 segg.
945 Purg. XXII 28 segg.
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