Page 324 - Sotto il velame
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il suicidio di Amata. E questi sono peccati di ira? Pare. E perchè
           allora dubitar di chiamare ira l'empiezza di coloro che sono figu-
           rati nel Minotauro; la bestialità tipica di coloro che Dante leggeva
           in Aristotele dilettarsi di carni umane? la contumacia e, se volete,
           la superbia di Capaneo, che giace dispettoso, come quel crocifis-
           so, e qual fu vivo tale è morto, come quel crocifisso che «cotal si
           moria»? il disdegnoso gusto di Pier della Vigna, cui l'animo fece
           commettere un'ingiustizia contro sè giusto, un'irragionevole ven-
           detta, un atto assurdo e di effetto vano e contrario? Come quello
           d'Amata, che Lavina esprime così:

                              Ancisa t'hai per non perder Lavina;
                              or m'hai perduta...



                                         IX.

              L'amor del male, nel purgatorio, è il primo dei «ritrosi passi».
           Amando il male del prossimo, l'uomo si torce e si allontana da
           Dio. La cupidità riesce a volontà iniqua . E questa è che spiace a
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           Dio più dell'incontinenza. L'offesa che con essa si fa a Dio, non è
           perchè propriamente Dio ne sia attinto. Dio è intangibile. Ma egli
           ne è offeso; e più o meno. La superbia, è fuor di dubbio, l'offende
           più, l'offende direttamente. Or come la superbia del purgatorio
           non par contro Dio? Già ogni affetto è deciso dall'odiar Dio; ma
           non è detto che l'amor del male, e così ancora, sebben meno, l'a-
           mor soverchio e l'amor lento del bene non vero, non offenda
               894
           Dio .


           893   Giova ricordare D. Bern, de modo bene vivend. lib. 37: «La superbia e la
              cupidità è un male solo in quanto non può essere superbia senza cupidità nè
              questa senza quella. Il diavolo per superbia e cupidità dice: salirò al cielo!
              etc.».
           894   Purg. XI 88 segg.


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