Page 305 - Sotto il velame
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per sè natura, e per la sua seguace
dispregia; perchè in altro pon la spene.
Ora dispregiare la natura in sè e nell'arte è dispregiare Dio, perchè
la natura prende il suo corso dall'intelletto e dall'arte di Dio; è
come dispregiare Dio naturante e artefice.
Invero 832
puossi far forza nella Deitade
col cor negando e bestemmiando quella
e spregiando natura e sua bontade;
e però lo minor giron suggella
del segno suo e Soddoma e Caorsa
e chi spregiando Dio col cor favella.
Dunque si fa forza contro Dio negando o bestemmiando o spre-
giando la deità, la natura, la bontà di Dio. Chiaramente, con l'ac-
cenno alla bontà di Dio, è richiamato lo Genesi, anche se Dante
non si fosse fatto ammonir da Virgilio a recarselo a mente. Chè
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nello Genesi è detto : «Prese dunque il signore Dio l'uomo e lo
pose nel paradiso deliziano, perchè operasse e lo custodisse». E
questo precetto di operare veniva dalla bontà di Dio che fece l'uo-
mo simile a sè, intelligente e operante. «E l'operare non sarebbe
stato faticoso, come dopo il peccato, ma giocondo per lo speri-
mento della virtù naturale» .
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Come ora un uomo spregerebbe in tal precetto la bontà di Dio?
come, rispetto a ciò, farebbe forza in Dio? Non, mi pare, col solo
non operare; ma in qualche modo analogo al modo di Capaneo,
che come spregi Dio, si vede, mi pare, senz'altro. Ebbene, Capa-
832 ib. 46 segg.
833 Gen. II.
834 Summa 1a 102, 3. Il passo è di S. Agostino. Vedi «Minerva oscura» 70 e
segg.
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