Page 301 - Sotto il velame
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concetto noto a Dante . Sin qui mi pare che nulla osti a credere
che i peccati compresi sotto l'esclamazione,
O cieca cupidigia, o ira folle,
abbiamo come il nome Ciceroniano di violenza e l'altro Aristote-
lico di bestialità o ferità, così quello tanto volgare quanto teologi-
co di ira. L'ira di Dio è voluntas vindicandi o puniendi; l'ira degli
uomini è cupiditas o libido ulciscendi. Qui abbiamo spietati puni-
tori e inordinati vendicatori. Ma ira può dirsi quella dei suicidi e
dei dissipatori? Il Dottore dice seguendo Aristotele, che «tutti i
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motivi d'ira si riducono a disprezzo (parvipensio)» , ed è di-
sprezzo, per esempio, l'oblivione ed esultanza negl'infortuni, il
contristare alcuno col ricordargli i suoi guai, il mostrar letizia nel-
le sue disgrazie, l'impedirgli d'ottenere il suo proposito. Il qual di-
sprezzo mostra Virgilio al Minotauro, esattamente, per farlo mon-
tare in furia, per mutare l'ira sua da tal che fiacca, in bestiale. In-
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vero gli grida :
Forse
tu credi che qui sia il duca d'Atene,
che su nel mondo la morte ti porse?
C'è in queste parole «l'impedimento di adempiere la sua volontà».
Ah! vorresti vendicarti? Niente: non potrai. E c'è il ricordo del-
l'infortunio. E Virgilio grida ancora:
Partiti, bestia!
E qui c'è la contumelia e l'oblìo del suo essere; chè bestia non è
821 Huius iudicium omnem severitatem abhorrens et semper citra medium
plectens... Epist. V.
822 Summa 1a 2ae 47, 2.
823 Inf. XII 16 segg.
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