Page 303 - Sotto il velame
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due gironi. Invero diciamoli senz'altro violenti contro Dio, tali,
           con l'esempio di Capaneo, che volessero fare forza a Giove. In
           che Capaneo differisce dai giganti legati? Non si direbbe anzi che
           violenti fossero più presto coloro che menarono le braccia facen-
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           do «paura ai dei» ? Quando noi invece consideriamo che l'uno
           era dominato dall'ira, da quel peccato semiferino, e che gli altri,
           no, mettevano, contro gli dei, con la possa e il mal volere anche
           l'argomento della mente, e così o fabbricavano una torre o inge-
           gnavano una battaglia coi suoi accorgimenti oltre che co' suoi èm-
           piti e assalti; allora comprendiamo. Capaneo è peccator d'ira, e l'i-
           ra gli resta a sua pena. Già abbiamo veduto che Seneca parla
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           d'un'ira «veemente e sprezzatrice di dei e d'uomini» . Egli riferi-
           sce il fatto d'un Capaneo vero, fatto che mi pare impossibile non
           fosse conosciuto dal nostro. «Gaio Cesare... adirato col cielo, per-
           chè i tuoni disturbavano i pantomimi... e perchè la sua festa era
           atterrita da fulmini (invero poco ben diretti!), sfidò a battaglia
           Giove, e senza quartiere, pronuziando quel verso Omerico: O tu
           me o io te. Quanta demenza! Egli credè o che nemmeno Giove
           poteva   nuocere   a   lui   o   che   esso   persino   a   Giove   poteva
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           nuocere!» . E codesta di Caligola è ira. Ira, per altro, che sem-
           brerebbe avere un che di grande. Ma no, dice l'autore: non è gran-
           dezza quella, è gonfiezza. «Tutti quelli cui l'animo malvagio e
           truce solleva sui pensieri proprii dell'uomo, credono di spirare un
           che d'alto e di subblime: del resto non c'è nulla di saldo sotto, ed è
           inchino a rovinare ciò che crebbe senza fondamento. L'ira non ha
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           dove fondarsi... È ventosa e vana...»  E aggiunge, come ho già
           riferito: «C'è una grande differenza tra un animo sublime e uno
           superbo». È chiaro come Virgilio possa chiamar «superbia» quel-
           la di Capaneo, anche a non ammettere che Dante usi oltre le mura
           di Dite questa parola a indicare l'aversio da Dio che è in tutti e tre

           827   Inf. XXXI 95 seg.
           828   De ira I 2, 1.
           829   ib. 20, 8.
           830   De ira I 20, 1 e 2.


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