Page 298 - Sotto il velame
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tinua parlando «dei denti arietati tra loro e bramosi di mangiare
           qualcuno», e delle mani che si frangono e del petto che si pic-
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           chia . Certamente ad ognuno viene subito in mente :
                              Questi si percotean non pur con mano,
                              ma con la testa e col petto e co' piedi,
                              troncandosi coi denti a brano a brano.


              Or a chi s'affrettasse a concludere da certi passi che i fangosi
           sono dunque rei d'ira, io direi che in Seneca Dante trovava rei d'i-
           ra, anche, non solo i bestemmiatori o spregiatori degli Dei, come
           abbiamo veduto, ma i suicidi (a quanti l'ira nocque da sè. Altri,
           nel soverchio bollore, ruppero le vene... Non c'è altra via più bre-
           ve per giungere alla follia...); ma i dissipatori, congiunti nei libri
           del filosofo ai suicidi, così come nel canto del poeta: «l'ira si pose
           sotto i piedi l'avarizia, che è il più duro e il meno pieghevole dei
           vizi, spingendosi a dissipare le sue sostanze o ad attaccar fuoco
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           alla sua casa e alle sue cose in un mucchio» . Questo luogo è
           ben decisivo, o lettori! E che cosa dobbiamo concludere da tali
           raffronti? Almeno questo: che la ferità o bestialità trovava Dante
           in Seneca, sia che conoscesse questi libri in parte o in tutto, o di-
           rettamente o per citazione, essere ira ; e che superba era detta
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           codesta ferità o ira . Si raccoglie ancora che Dante, a somiglian-
           za di Seneca, potesse dichiarare rei d'ira peccato, i simili all'Ar-
           genti? No: egli mostra più volte di assentire ad Aristotele, cui Se-

           805   De ira III 4, 1 e 2.
           806   Inf. VII 112 segg.
           807   De ira II 36, 4-6.
           808   Vedi anche III 17, 1: haec barbaris regibus feritas in ira fuit.
           809   Anche III 19, 1: Quam superba fuerit crudelitas eius etc. Anche III 1, 5:
              sive successit, superba, sive frustratur, insana. Può Dante da questi libri
              aver tratto l'esempio che pone per primo, tra i tiranni, II 22, 3: Hoc eo ma-
              gis in Alexandro laudo, quia nemo tam obnoxius irae fuit. III, 17, 1: regem
              Alexandrum qui Clitum carissimum sibi et una educatum inter epulas
              transfodit manu quidem sua etc.


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