Page 28 - Sotto il velame
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minare e di tortire «per li pruni e per le ruine», e di non andare
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«alla parte dove dee» , merita, nel fiero stile di Dante, il nome di
vile; e, se chi tortisce, è scôrto, quello di vilissimo. E Dante prima
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che entrasse nella selva, era scôrto. Beatrice afferma :
Alcun tempo il sostenni col mio volto;
mostrando gli occhi giovinetti a lui,
meco il menava in dritta parte volto.
Si smarrì. E la dolce scôrta pur rimaneva. Ella afferma ancora :
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Nè impetrare spirazion mi valse,
con le quali ed in sogno ed altrimenti
lo rivocai.
Or tutta quella paura, in cui è implicita tanta viltà, è sempre per
quello smarrirsi, non per altro.
Ma selva è quasi morte! Sì; e ciò vuol dire che Dante era come
morto là in quell'oscurità. Essere morto o essere nella morte è la
stessa cosa, come vivere ed essere in vita tornano lo stesso. Ebbe-
ne? Anche il vilissimo, di cui sopra, tanto quello che dalla via del
buono anticessore si parte, quanto l'altro, a cui è simile, che torti-
sce per li pruni e per le ruine, Dante dice che veramente morto
dire si può. E, perchè non restiamo abbagliati da quelle parole che
ivi si leggono e che porterebbero, a prima vista, che il malvagio
soltanto si può dir morto, e tralasciando che malvagio ivi ha il si-
gnificato non di dato al male, ma, presso a poco, di vile; ecco la
ragione che Dante assegna di tal sentenza: «Vivere nell'uomo è
ragione usare. Dunque se vivere è l'essere dell'uomo, e così da
quello uso partire è partire da essere, e così è essere morto». Dun-
que morto si può dire, nel fiero stile di Dante, chi si parte dall'uso
40 Conv. IV 7.
41 Purg. XXX 121 segg.
42 Purg. XXX 133 seg.
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