Page 271 - Sotto il velame
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riempite d'uomini, come rovine da rifarsi con pietre vive». Altro-
           ve e altre e per altra causa sono le rovine dell'inferno di Dante;
           sebbene siano con gli angeli caduti in qualche rapporto, e sebbene
           siano anch'esse destinate alla salute degli uomini. Ma perfetta-
           mente si riscontrano le rovine dantesche con quelle di Bernardo,
           nel loro significato mistico. Poichè le rovine nei cieli, dice S. Ber-
           nardo, «dalle studiose e pie menti non solo si trovano, ma si fan-
           no». In che modo? dice. «Con la meditazione e con la bramosia.
           Cede invero, a mo' di macerie molle, la pia macerie al desiderio
           dell'anima, cede alla pura contemplazione, cede alla frequente
           orazione». Le fa, insomma, la mente, queste caverne; contem-
           plando; e questa contemplazione è appunto quella meno soave
           delle due; quella intorno agli atti e ai riposi della moltitudine dei
           celesti. La più soave è invece raffigurata nel foro della pietra; e
           anche per questa, la mente, con la contemplazione stessa, fora la
           pietra.
              Ora le rovine dell'inferno furono cagionate dalla morte del Re-
           dentore; non dal viatore che per esse prese via. Il foro nella pietra
           fu aperto dal fonte della misericordia, non da colui che per quello
           sale a veder le stelle. Ma ricordiamo il concepimento iniziale del-
           la discesa negli inferi e del passaggio dell'Acheronte. In Gesù
           l'uomo scende, in Gesù l'uomo passa. Si rinnova il terremoto stes-
           so che alla morte del Redentore scrollò gli abissi e fece le tre ro-
           vine. Le tre rovine sono come rinnovate da colui che scende e
           muore in Gesù. Misticamente dunque Dante fa da sè le caverne di
           macerie, le rovine di contemplazione. Le quali non rappresentano,
           è vero, la meditazione intorno agli atti e ai riposi dei celesti; ma è
           anche vero che non sono nei cieli, sì negli abissi; e quindi rappre-
           sentano la contemplazione non di atti di pietà, ma di disperazione,
           non di riposi beati, ma di martorii crudeli; e non di celesti, ma di
           dannati. E così Dante ha stupendamente corretto il pensiero del
           veggente di Chiaravalle; perchè questa di Dante è sì, e veramente,
           contemplazione per la quale si vedono le spalle (posteriora) di



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