Page 247 - Sotto il velame
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nel conte Ugolino, di cui si vede laggiù un «bestial segno» ; e
massimo in Bocca e in Bruto. Il quale si storce tra le mascelle di
Lucifero, come soffia nella barba Caifas.
Ora la pietà in questo regno della frode vive ancora, un poco,
nel secondo dei tre cerchietti; è spenta nel terzo, dove non si eser-
cita se non una volta; e per i figli di Ugolino, non per lui, per il
quale è quasi ammessa la crudel pena che ebbe a soffrire. Ma
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nel secondo va ancora in volta. Dante piange, quando Virgilio
gl'intima, che la pietà lì vive quando è morta . Il momento è so-
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lenne e significativo. Dante si rivolge al lettore, che prenda frutto
di sua lezione; come a lui si rivolge Virgilio, poichè la sua visione
gli frutti. I dannati della bolgia hanno il volto tornato dalle reni. È
lor tolto il veder dinanzi. Chi vede dinanzi è prudens, cioè porro
videns . Assomigliano essi a quelli che hanno mala luce, e vedo-
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no ciò che è lontano, e ciò che è presso non vedono . Qui Virgi-
lio, oltre l'ammonimento ch'esso fa a Dante e Dante fa al lettore,
espone a lui l'origine di Mantova lungamente, e conclude :
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la verità nulla menzogna frodi:
la verità che è il bene dell'intelletto. E ricorda «l'alta sua tragedia»
625 Inf. XXXII 133. Per il conte Ugolino, rimando alla «Minerva oscura». Non
posso che confermare quanto di lui ho scritto. Posso aggiungere che la pa-
rola «bestial segno» riconduce alla bestialità che Aristotele ha tanto di
mira, dei cannibali: la quale bestialità di Ugolino è poi attestata da un'antica
cronaca edita dal Villari (I primi due secoli della storia di Firenze p. 251) e
già a me indicata dal Torraca: Rass. Bibl. d. lett. it. III 250 sg.
626 Inf. XXXIII 85 seg.
627 Inf. XX 25.
628 Vedi più su a pag. 30.
629 Infatti l'an. fior. comenta: «Et ancora si può qui moralizzare questo loro
andare piccino ch'è per opposito del trascorrere ch'egliono feciono collo in-
telletto in giudicare le cose di lungi et lontane, et in questo modo perderono
et non seppono le presenti».
630 Inf. XX 99.
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