Page 245 - Sotto il velame
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morto. E così il Conte Ugolino si sente chiedere non la sua pecca,
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ma quella del traditore che rode ; e perciò risponde, e dice subi-
to il suo nome, che è necessario dire se si vuol procacciare infa-
mia all'altro. Nel che è da osservare che il non essere i pessimi dà
a questi dannati coraggio di palesarsi; come è il fatto di Camicion
de' Pazzi e di tanti di Malebolge.
Più grande è dunque l'inordinazione dell'intelletto, più grave è
la vergogna e l'ostinazione a nascondersi. Bene: ma perchè Fari-
nata e Cavalcante non mostrano vergogna? In tanto posso dire,
che il loro nome non dicono essi; sì, dell'uno, Virgilio lo procla-
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ma, dell'altro, Dante lo legge . C'è, senza dubbio, una gradazio-
ne con quelli del limbo; dei quali pur nessuno si noma da sè, e
Virgilio stesso sul primo apparire a Dante il suo nome non dice,
sebbene l'esser suo dichiari; ed anche a Sordello comincia con
l'indicarsi per la patria, sebbene poi dica anche il nome, che a Sta-
zio è detto da Dante e non da lui. Ma lasciamo questo, sebbene
non sia assurdo pensare oltre che alla modestia del virgineo, an-
che a una peritanza consimile a quel turbamento, da cui il dolce
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poeta fu preso una volta . Certo è che l'inordinazione dell'intel-
letto si ha da intendere a quel modo che Dante insegna per bocca
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di Virgilio :
dove l'argomento della mente
s'aggiunge al mal volere ed alla possa;
si deve, dunque, dire che la vergogna è maggiore dove è maggio-
re l'inordinazione della mente posta al servigio del mal volere. E
si può così definire quest'inordinazione, considerando in che con-
sista la frode e che parte vi abbia l'intelletto. Frode è dell'uom
proprio male, cioè con la mente. Per questo essere con la mente,
619 Inf. XXXII 137.
620 Inf. X 32, 65.
621 Purg. III 45.
622 Inf. XXXI 55 seg.
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