Page 237 - Sotto il velame
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Ma Caifas si distorce e soffia «nella barba co' sospiri» . Non
vuol essere veduto, Caifas. Nella settima bolgia è poi manifesto il
pensiero di Dante intorno alla vergogna dei dannati. Vanni Fucci
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dice la sua patria, la sua condizione, la sua reità e il suo nome :
Io piovvi di Toscana,
poco tempo è, in questa gola fera.
Vita bestial mi piacque, e non umana,
sì come a mul ch'io fui: son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana.
O dunque? codesta vergogna propria di quella disposizione di
cui è proprio l'intelletto, dov'è? È qui. Dante dice: «Aspetti un
poco questo vantatore. Come è quaggiù sì basso, se non era che
un uomo di sangue e di crucci? Ci ha a essere altro, ch'egli non
confessa» .
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E il peccator, che intese, non s'infinse,
ma drizzò verso me l'animo e il volto
e di trista vergogna si dipinse;
poi disse: «Più mi duol che tu m'hai colto
nella miseria dove tu mi vedi
che quando fui dell'altra vita tolto.
Io non posso negar quel che tu chiedi;
in giù son messo tanto, perch'io fui
ladro . . . .
Vanni non si vergogna fin che si tratta di dire della sua vita be-
stiale e d'uom di sangue: si vergogna per la giunta. E confessa, sì,
594 ib. 112 segg.
595 Inf. XXIV 122 segg.
596 ib. 130 segg.
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