Page 235 - Sotto il velame
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che siede, distorce la bocca e trae fuori la lingua, come soleva.
Ora quelli che camminano, riconoscono, il loro fallo, sì per bocca
di Brunetto che chiama «lerci» i pari suoi, sì per quella di Iacopo
Rusticucci che parla del «dispetto» che può ispirare la loro mise-
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ria e il «tinto aspetto e brollo» . E di più, con altra voce e altro
cuore, costui apporta una scusa del suo peccato, come Francesca.
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Amore fu, dice l'una; la fiera moglie mi nuoce, dice l'altro . Il
che è segno come d'un vano risveglio dopo un oscuramento della
propria ragione vinta dai sensi. Si trova quindi che il rimorso è
nei dannati, in cui la ragione fu sopraffatta dal talento, e in quelli,
in cui l'intelletto ebbe parte, dirò così, attiva nel peccato.
Ed è in effetto al tutto diverso e contrario; chè nei primi è sen-
za vergogna e senza orror della fama e con un'invocazione alla
pietà del vivo e dei vivi; e con la vergogna e con l'orror della
fama e col dispetto per il vivo e per i vivi si manifesta nei secon-
di. Là è l'intelletto sano, come era in Brunetto Latini, che insegna-
va come l'uom si eterna; come era nelle tre ombre, a cui si voleva
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esser cortese ; l'intelletto sano che, troppo tardi, emerge dalla
tristizia del senso: qua l'intelletto depravato che ricorda d'essere
stato volto a raggiungere il male. Ma è l'intelletto in questi e in
quelli che genera il vario e a ognun più convenevole rimorso.
Quello dei fraudolenti è vergogna. Subito nella prima bolgia è
Venedico Caccianimico :
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E quel frustato celar si credette
celando il viso.
E «mal volentier» confessa il suo fallo. Nell'altra bolgia uno sgri-
da :
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585 Inf. XV 108, XVI 29 seg.
586 Inf. V 100 segg., XVI 45.
587 Inf. XV 85, XVI 15.
588 Inf. XVIII 46 segg.
589 ib. 118 segg.
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