Page 234 - Sotto il velame
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riempitivo :
La frode ond'ogni coscienza è morsa;
e invece echeggia all'altro «frode è dell'uom proprio male», come
effetto a causa. Nella reità degli altri peccatori è la pervicacia sto-
lida, come in Capaneo; l'incoscienza animalesca prodotta da un
abito che più non si depone, come nei fangosi, e negli avari, e an-
che nei rei della colpa della gola; il dolore acuto di chi vinto da
un punto, smarrì la ragione, come in Francesca: nei fraudolenti è
la vergogna. E qui devo notare, tornando un passo addietro, una
particolarità dei bestiali del primo cerchietto. Sono essi tra l'in-
continenza e l'ingiustizia, partecipi dell'una e dell'altra in varia
misura. Quelli in cui l'incontinenza predominò, è ragionevole
supporre che Dante li rappresenti, per questo rispetto del dolersi
nel luogo della pena, come i peccatori d'incontinenza. Vediamo
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invero che ai violenti contro Dio è posta «diversa legge» .
Supin giaceva in terra alcuna gente,
alcuna si sedea tutta raccolta,
ed altra andava continuamente.
Quelli che vanno, sono i sodomiti. E vien subito in mente la
rapina dei lussuriosi. Ma c'è altro. L'andare continuamente ha un
senso mistico; significa essere agitato dallo stimolo della coscien-
za . «Non siede, non giace, ma cammina (deambulat) colui che
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è inquietato dal rimorso della sua coscienza». In vero Capaneo
che giace non è maturato dal fuoco, e colui del sacchetto bianco,
582 Inf. XI 52, 25. Per es. il Tommaseo spiega: «Intendi, o che la frode è tal vi-
zio che le coscienze più dure n'hanno rimorso, o che Virgilio voglia rimpro-
verare i contemporanei di Dante come i più macchiati di frode».
583 Inf. XIV 21 segg.
584 Rich. de S. Victore, De erud. hom. inter. 39: Ille ergo deambulet, quem
conscientiae stimulus undique exagitat.
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