Page 218 - Sotto il velame
P. 218
Quelli del limbo ebbero il lume che è tenebra. Peccarono per
l'ignoranza originale. Questi ebbero mala luce. Dio splende a loro
sin laggiù. Si direbbe ch'essi il lume che vien dal sereno, l'avesse-
ro avuto; che fossero redenti, insomma: in vero Farinata nomina
il secondo Federico e il Cardinale, e si vede il Cavalcanti, e su un
grande avello è il nome d'un papa; e la parola eresiarche porta a
pensare a cristiani dissidenti, e non a pagani.
Pur v'è Epicuro . Dante forse lo considera come un eresiarca
532
di quelle scuole filosofiche, che pur avanti il Cristianesimo, pur
non potendo vedere l'alto Sole, avevano qualche lume, dirò, ri-
flesso da Dio: quel lume che è simboleggiato nel fuoco e nella
luce del nobile castello. Gli eresiarche, con quel barlume da Dio
che splende loro anche nell'inferno, vedono ciò che è lontano e
ciò che s'appressa o «è», non vedono. Nella vita era il medesimo;
e così in loro si osserva il contrappasso. Vedevano ciò che è lon-
tano: erano in vero prudenti e savi imperatori, papi, uomini di
parte e di guerra, dotti: ciò che è tanto vicino a noi che è in noi,
non vedevano. In che differiscono dai sospesi nel limbo? In que-
sto che essendo dentro Dite è punita in loro la malizia, di cui in-
giuria è il fine; e non v'è fine senza volontà. Quella mala luce im-
plica dunque l'inordinazione della volontà. Ma anche il difetto de-
gli spiriti magni è volontario. Sì, ma quasi, ma in un certo modo,
ma nel primo parente. In questi è del tutto e assolutamente e per-
sonalmente volontario, e si tratta del medesimo lume che è tene-
bra: ossia d'ignoranza. Ignoranza dunque volontaria. Però senza
ingiuria. Gli eresiarche se avessero commesso ingiuria, sarebbero,
533
per esempio, tra quelli che fecero forza nella Deitade o tra gli
autori di scismi o anche tra i traditori. Il loro fu peccato omnina-
mente speculativo.
Di loro non si ragiona nella partizione che fa Virgilio dei pec-
532 Inf. X 14.
533 Inf. XI 46.
218