Page 221 - Sotto il velame
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stiale». Virgilio dice di averla spenta . Come la spense? Il savio
grida ver lui, lo chiama bestia, gli ricorda la sua morte sotto la
mazza di Teseo, gli ricorda lo scorno della sua sorella, gli ricorda
le sue e altrui pene. Egli come toro ferito e non finito, non sa più
gire; saltella qua e là, sì che mentre è in furia, Dante può scende-
re. L'ira quando è portata al sommo grado, rende impotente l'uo-
mo.
Si direbbe che il Minotauro potrebbe rappresentare il vizio di
Filippo Argenti, che volge i denti contro sè medesimo. Potrebbe;
se Dante non avesse saputo di che cibo si pasceva quella bestia
uccisa dal duca di Atene. Il Minotauro sta a rappresentare un altro
effetto della passione ira: una cieca cupidigia e ira folle; diciamo,
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una «violenza» per la quale alcuno «noccia» . Diciamo in fine,
la passione dell'ira che genera la «matta bestialità». Chè questo è
altro nome di quella che si chiama malizia con forza e violenza.
Così omettendo il cerchio sesto degli eresiarche, il quale per tante
ragioni dette e da dirsi, sta a parte, Enea, il nobilissimo ha, per la
sua temperanza disceso i cerchi della concupiscenza, per la for-
tezza ha passato a piedi asciutti la palude dei due vizi contrari a
fortezza; per la giustizia ha disserrata la porta dell'ingiustizia; per
la virtù eroica ha dischiuso il cammino a ciò che della virtù eroica
è l'opposto: alla bestialità.
Ma la violenza è proprio bestialità? Invero nell'Etica Nicoma-
chea il concetto di bestialità sembra differire da quello di Dante,
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se Dante chiama bestialità la violenza. Pure anche lì , con i can-
nibali e altri depravati, sono messi quelli che violano la natura ne'
loro piaceri; e tra altri dementi e morbosi è ricordato Falari, il cui
bue Dante conosceva. Or nel primo girone sono i tiranni e nel ter-
zo i sodomiti. Ma con un'altra opera Aristotele può aver suggerito
al Poeta non solo che violenza, ossia la prima specie della malizia
543 Inf. XII 46 seg.
544 ib. 48.
545 Eth. VII, 5, 3 e 7
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