Page 226 - Sotto il velame
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dichiarati ingiusti.
Il concetto di giustizia domina dunque in tutto questo cerchiet-
to; sì che le parole di Virgilio con le quali dice d'avere spento 561
l'ira bestiale del Minotauro, hanno nella nostra mente un'eco, e a
un tratto, distinta. Quelle parole significano un ammonimento per
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ciò che il Poeta dice altrove : «Quanto all'abito, la giustizia ha
contrasto alcuna volta nel velle; chè, quando il volere non è since-
ro da ogni cupidigia, sebbene la giustizia ci sia, non tuttavolta c'è
nel fulgore della sua purezza; come quella che ha in qualche
modo una pur menoma resistenza nel suo subbietto; per il che
bene sono respinti quelli che tentano passionare il giudice». L'ira
bestiale non raffigura certo un minimo, sì un massimo di cupidi-
gia che appassiona i giudici, siano essi d'altrui, siano di sè e di
Dio; è la passione chiamata di lì a poco «cieca cupidigia e ira fol-
le»; la quale deve essere spenta in ogni nostro giudicare.
È una passione e ha sede, perchè tale, nell'animo o nell'appeti-
to; in quell'animo che fece ingiusto Pier della Vigna; in quel core
che ha tanta parte nel peccato di Capaneo ; in quell'appetito sen-
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sitivo dove stagna la tristizia di chi 564
piange là dove esser dee giocondo.
E perciò questa violenza, che è pur l'ingiustizia tipica, è una cota-
le incontinenza; è media tra l'incontinenza e la malizia. E in ciò si
ha la riprova ch'ella sia dal Poeta chiamata ancora bestialità; chè
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la bestialità è per Aristotele «un'incontinenza per metafora e
non assolutamente». Il che ci dà finalmente l'ultima ragione del-
l'aver Dante in questo cerchietto posto una rovina, difficile bensì
a scendersi e per le mobili pietre e per la guardia bestiale, ma tale
561 Inf. XII 33.
562 De Mon. I 13.
563 Inf. XI 47, 51.
564 ib. 45.
565 Eth. VII, 6, 9.
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