Page 219 - Sotto il velame
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cati e delle pene. E così non si ragiona, in quella, degl'ignavi del
vestibolo e dei sospesi del limbo. D'un dei peccatori si dice che fu
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di quelli «che a ben far poser gli ingegni», e che fu sì degno . A
questo Dante desidera parlare, e da tempo, e gli mostra riverenza
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e ammirazione e anche pietà . Tutto ciò e con proprie parole e
sopra tutto col fare dell'Uberti il più sublime e del Cavalcanti il
più affettuoso de' peccatori infernali; col persuadere a noi la rive-
renza e l'ammirazione e la pietà per loro. Inoltre lo sdegnoso è
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chiamato «magnanimo» cioè forte. Ed ecco che Farinata e gli
altri sono il proprio contrario dei non forti che schiamazzano e
gorgogliano alle falde della città; come Virgilio, pur magnani-
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mo , e gli altri spiriti magni sono il proprio contrario degli
sciaurati che corrono e gridano oltre il fiume. In verità gli sciaura-
ti e i sospesi sono al loro posto, per la difficultas o infermità origi-
nale i primi, per l'ignoranza pur originale i secondi; e qui i fango-
si sono fuor di Dite per l'infermità attuale, che li rese inetti alla
giustizia, e i sepolti sono dentro Dite per ignoranza attuale o vo-
lontaria o mala, non ostante la loro giustizia.
Nel limbo Dante vede la «scuola di quel signor dell'altissimo
canto»; ha dai grandi poeti, dopo che essi hanno un po' ragionato
con Virgilio, un salutevol cenno; è fatto della loro schiera, parla
con loro di cose 538
che il tacere è bello
sì com'era il parlar colà dov'era.
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Avanti la tomba di Farinata egli apprende il proprio esilio , e la
vanità del tentativo di ritorno. Gloria e dolore, connessi insieme,
534 Inf. VI 79 segg.
535 Inf. X 18, 43, 94, 109.
536 ib. 73.
537 Inf. II 44.
538 Inf. IV 94 segg.
539 Inf. X 79 segg.
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