Page 217 - Sotto il velame
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limbo andò; non passò lo Stige nè vide (si noti la precisione!) il
Tartaro più. Dunque? Questa volta, dunque. Oh! potessi evocare
Dante! Chè questo ci vorrebbe, solo questo basterebbe, per certi
increduli o pervicaci o ciechi! Dante padre, non è vero che tu al
maestro, quando ti volgesti, volevi dire: «Ora vedo come tu hai
detto che due volte costui, il tuo eroe, avrebbe passato lo Stige e
veduto il Tartaro o Dite»? Non è vero, Dante padre?
Ma continuano e continueranno a dire che quel Duca , cieco
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d'occhi, era cieco anche di mente, quelli, e son tanti, che hanno
gli occhi e non vedono!
IX.
Dante e Virgilio entrano in Dite «senza alcuna guerra». La
guerra c'era stata e l'ira c'era voluta, e un'alta ira animatrice d'una
eroica fortezza: la fortezza di lui che già nella Eneide presentava
la spada nuda alle ombre e ai mostri dell'Averno; di lui pio, le cui
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parole sono sante . Ora sono, al medesimo piano, presso a poco,
della palude stigia, lungo gli spaldi della città roggia, in un cimi-
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tero . I coperchi delle arche sono alzati: nessuno fa guardia. È il
fatto, per una parte, degl'ignavi del vestibolo, che non escono seb-
bene la porta sia aperta. E per l'altra è il fatto del limbo, anzi del
nobile castello; chè qui sono grandi e sapienti, e nessun male di
loro si può raccontare, salvo che uno: mala luce . In verità sono
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eresiarche; e sono di loro i seguaci d'Epicuro 531
che l'anima col corpo morta fanno.
527 Michelangelo Caetani duca di Sermoneta, autore di questa massimamente
felice interpretazione.
528 Inf. IX 105 seg.
529 Inf. X 13.
530 ib. 100.
531 ib. 15.
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