Page 213 - Sotto il velame
P. 213
mal fiume dimora»; misticamente dimora, mentre, localmente, di-
mora di qua, di qua dell'Acheronte, non di là. Chè quelli del lim-
bo sono morti della seconda morte, della morte totale, perchè non
adorarono debitamente Dio: morti della vulneratio; e sono nel
tempo stesso vivi delle altre morti, vivi delle tre disposizioni, vivi
delle quattro ferite, perchè ebbero le quattro virtù.
La nobiltà o virtù o fortezza eroica o divina del Messo vale ad
aprire la porta di Dite, cioè la porta dell'ingiustizia: vale per la
giustizia. Ora l'Enea del Convivio è il tipo della temperanza e del-
la fortezza; ma si noti ch'egli è tale «nella parte dell'Eneida ove
questa età si figura, la quale parte comprende il quarto e 'l quinto
514
e 'l sesto libro dell'Eneida» . Dante avrebbe trattato di lui nel se-
guito del Convivio, perchè egli promette di parlarne «nel settimo
Trattato». Il Convivio restò interrotto; ma il poeta ne parla invece
nel Monarchia e nel Poema sacro. E ne parla per dire ch'egli è il
nobilissimo padre del popolo Romano e ch'egli è «il giusto fi-
gliuol d'Anchise», che
fu dell'alma Roma e di suo impero
nell'empireo ciel per padre eletto.
La sua vittoria, che fu l'istituzione del perfetto stato di vita civile,
come a dire, il trionfo della giustizia, fu cagionata dalle cose che
intese negl'inferi. C'è, mi pare, un processo di proporzione evi-
dente tra Enea e il Messo. Enea è portato ad esempio di perfetta
temperanza e fortezza, e poi è detto giusto per eccellenza e in-
stauratore della giustizia; il Messo è dimostrato supremamente
temperante e forte, per la sua discesa senza scorta dai cerchi della
concupiscenza, e poi è detto aprire la porta della ingiustizia. E le
prime parole ch'egli dice ai diavoli e tutte le altre suonano questo
senso: Perchè vi ribellate alla giustizia di Dio? Chè malizia per
gnoso, ma il sofistico - son io.
514 Conv. IV 26.
213