Page 209 - Sotto il velame
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fu il nobilissimo degli eroi; prima di recare le prove della sua no-
           biltà ereditaria e di parlare, a ciò, anche dell'avola vetustissima,
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           Elettra; Dante, a dimostrare la nobiltà propria di Enea, dice :
           «S'ha da ascoltare lo stesso (Virgilio) nel sesto. Quivi, parlando di
           Miseno morto, che era stato ministro d'Ettore in guerra e, dopo la
           morte d'Ettore, s'era dato come ministro a Enea, dice esso Miseno
           non inferiora sequutum, facendo comparazione di Enea a Ettore
           cui sopra tutti Omero glorifica...» In quel terzetto è tutto questo
           pensiero. Ed egli pone primi tra gli spiriti magni i fondatori del-
           l'impero, dall'avia vetustissima a Cesare; e dice d'aver conosciuto
           Ettore ed Enea, nonchè Cesare, perchè sono gli eroi dell'Eneide, e
           l'Eneide egli la sa tutta quanta. E l'Eneide è come il Vangelo pro-
           fano del suo poema; e il suo eroe è messo insieme a San Paolo,
           quale esempio d'uomo che corruttibile ancora andasse ad immor-
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           tale secolo . Questo Dante crede sulla parola di Virgilio: Tu dici.
           Or dunque poichè questo messo è del limbo, e perchè Dante s'ac-
           corge bene di lui e si rivolge subito a Virgilio per dirgli qualche
           cosa riguardo, certo, a questo suo essersi accorto di lui, noi pos-
           siamo facilmente indurci a credere che sia appunto Enea. Enea ha
           fatto quel cammino nelle condizioni proprie di Dante, ossia di
           corruttibile ancora; e non in quelle di Virgilio puro spirito; perciò
           ha intera esperienza. Inoltre nessuno meglio di lui può attraversa-
           re con le piante asciutte la palude dei due vizi collaterali alla for-
           tezza. Dante in vero lui, sulla fede di Virgilio, dichiara sopra tutti
           fornito, oltre che del freno che si chiama temperanza, anche dello
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           sprone che si chiama fortezza ; di quella che egli altrove dice
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           «arme e freno a moderare l'audacia e la timidità nostra» ; di
           quello spronare per il quale «Enea sostenne solo con Sibilla a en-
           trare nello inferno, contro tanti pericoli». Ciò spiega, come egli
           passi la palude dell'infirmitas e come i finti audaci si abbichino

           504   De Mon. II 3.
           505   Inf. II 13 segg.
           506   Conv. IV 26.
           507   Conv. IV 17.


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