Page 206 - Sotto il velame
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preparare il suo ascoltatore alla differenza che c'è tra quel caso e
           questo. Quella volta non ci fu resistenza da parte dei diavoli, e da
           parte sua non ebbe luogo ira. Questa volta, sì, occorrerà ira, e sarà
           una battaglia, ed esso vincerà con l'ira, cioè con la fortezza. Ma la
           fortezza sarà d'un altro che egli aspetta.
              La sua invero non basta: è una fortezza puramente umana. Ari-
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           stotele , riportato nella Somma , numera cinque modi di fortez-
           za non vera. Lasciando i due ultimi, forte alcun può sembrare
           piuttosto che essere, se si volge a ciò che è difficile come se diffi-
           cile non sia. Virgilio in vero si rivolge sulle prime ai diavoli,
           come se altro con loro non occorresse se non ciò che gli bastò con
           Minos, con Pluto, con Flegias, e gli basterà poi coi Centauri e Ge-
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           rione e Anteo .
                              E il savio mio maestro fece segno
                              di voler lor parlar segretamente.

           Ma i diavoli vogliono trattener lui e rimandar Dante: e poi si ri-
           chiudono. Che fa e dice e pensa Virgilio? Per tre guise succede
           che alcuno sembri forte e non sia: per ignoranza, quand'egli non
           percepisce la grandezza del pericolo; per avere egli buona speran-
           za di vincere il pericolo, quand'egli abbia sperimentato d'esserne
           sovente scampato; per una cotale scienza e arte, come accade nei
           guerrieri, che, per la perizia delle armi e l'esercizio, non stimano
           gravi i pericoli della guerra, credendo di potersi difendere contro
           loro mediante loro arte. E così Virgilio dice che vincerà la prova,
           contro ogni difensione dei diavoli, mentre il fatto mostra che da
           sè non avrebbe vinto; e d'altra parte non prevede il pericolo del
           Gorgon che, senza il suo subito accorgimento, avrebbe, sì, tolto il
           passo a Dante. E conforta Dante ad aver buona speranza; ed esso
           medesimo ricorda d'aver fatto quella strada e accenna a un'arte,
           494   Eth. III 8. Magn. Mor. I 20; Mor. Eud. III 1.
           495   Summa 2a 2ae 123, 1.
           496   Inf. VIII 66 seg.


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