Page 202 - Sotto il velame
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Ma qui m'attendi; e lo spirito lasso
conforta e ciba di speranza buona...
C'è il senso ovvio delle parole, ma c'è anche un senso dottrinale;
c'è l'eco di questa asserzione di Aristotele: «il forte è di buona
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speranza» . Si tratta di fortezza da una parte e di audacia e timi-
dità dall'altra, aggirantisi, tutte e tre, intorno alla passione dell'ira;
poichè la prima ne è animata all'azione per la giustizia, e le altre
due, per eccesso di quella o per difetto, riescono al contrario della
fortezza cioè al contrario dell'azione, cioè all'infermità.
La fortezza è necessaria a conservare l'ordine della giustizia.
Di questo uso di tal virtù dà prova Dante sdegnando il pien di
fango, e assentendo alla sua pena, e lodandone Dio, giusto giudi-
ce :
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Dopo ciò poco vidi quello strazio
far di costui alle fangose genti
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
E Virgilio porge di ciò altissimo encomio a Dante, ed esso me-
desimo, e col suo sospingere l'audace od orgoglioso e col suo ap-
provare Dante, dà esempio della medesima virtù. La pietà, che in
tutti e due è stata massima nel limbo e grande nel secondo cerchio
ed è diminuita nel terzo e nel quarto s'è fatta quasi nulla, qui non
si mostra più. Il disprezzo che Virgilio consiglia e Dante adempie
contro gli sciaurati del vestibolo, qui diventa, a giudicare umana-
mente, crudele. Ora quale è la propria ragione di questo ordine di
fatti? Che non è tale da avere la sola spiegazione nel sentimento e
nel compatire dell'uomo. C'è, per esempio, dalla lussuria all'avari-
zia un digradare di pietà che risponde, è vero, non solo al senti-
mento di Dante, ma al nostro; e tuttavia quel digradare risponde
anche all'ordine classico dei peccati capitali. Quale, la propria ra-
483 Summa 2a 2ae 123, 9: Philosophus dicit... quod fortis est bonae spei.
484 Inf. VIII 58 segg.
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