Page 215 - Sotto il velame
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di ciò «che si devono seguire le virtù» . Che più? E anche un'al-
tra particolarità ha il Messo che ha anche l'Enea di Virgilio. Il
Messo è noiato «dall'aer grasso», traversando lo Stige. Enea, en-
trando, come Dante forse interpretava, prima di figgere la verga,
o forse, come egli ancora interpretava, prima di battere con essa
alla porta, «sparge il corpo d'acqua recente». E Dante leggeva in
Servio: «Recenti; semper fluenti, dixit hoc propter paludem Sty-
giam». Leggeva, o non aveva bisogno di leggere: «spargit aqua;
purgat se nam impiatus (al. inquinatus) fuerat aspectu Tartari».
Dante si spiegava un po' grossamente quel lavacro lustrale:
come se Enea fosse tinto dall'aria tinta, dall'aer grasso. E così fa
che il suo Messo senta quella noia. Or come non è Enea che la ri-
sente? E il Messo parla. Non è Enea che ricorda il discorso di Ca-
ronte, la prima volta che discese ? «Egli venne a legare il custo-
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de del Tartaro...»: chè dice: Cerbero vostro. E in quel medesimo
discorso Proserpina è chiamata «la signora». Come non se ne ri-
cordò Dante allor che disse «la signora dello eterno pianto»? E
ancor più significativo, e adatto ad Enea, eroe pagano, come la
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menzione di Cerbero, è quel verso :
Che giova nelle fata dar di cozzo.
Dante aveva presente il Desine fata deum della Sibilla; aveva pre-
sente, sopra tutto il comento di Servio alle parole «verga fatale»;
comento che si riduce a richiamare il si te fata vocant . Anche la
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forma «fata» è importante; come importantissimo è il notare che
il verso
ond'esta tracotanza in voi s'alletta?
520 Serv. ad Aen. VI 136. Ed è a foggia d'ypsilon e di bivio: di che riparlerò.
Cfr. pag. 3 n. 1.
521 Aen. VI 395 sqq.
522 Inf. IX 91 segg.
523 Aen. VI 376. Serv. ad VI 409. È richiamato il verso 146.
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