Page 195 - Sotto il velame
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lasciata dai peccatori della palude? Come mai consuona così per-
           fettamente con ciò che Dante dice della turba troiana che


                              sè stessa a vita senza gloria offerse?

           Il Poeta dice che il medesimo castigo nello inferno e la stessa cat-
           tiva memoria nel mondo aspetta sì quelli che in vita dormirono e
           sì quelli che sembravano anche troppo desti: gridarono, s'atteg-
           giarono, si pompeggiarono: e non fecero nulla di buono. I gran
           regi? Già, grandi furono: molte parole e fatti pochi, gran gesti e
           punte gesta. Reo d'ira Filippo Argenti e i rissosi del pantano? Ma
           dunque, per Dante, l'ira è sempre senza ingiuria? Perchè costoro
           non sono colpevoli di malizia, della quale, ingiuria è il fine: sono
           di qua non di là della città roggia. Sempre senza ingiuria? Così
           fatta che l'ingiuria ne è sempre esclusa?
              Dicono: di là degli spaldi, sarà punita l'ira con ingiuria; qui è
           l'ira senza ingiuria. Già: di qua anche la lussuria senza il suo atto
           o abito proprio? e così gli altri peccati d'incontinenza? Perchè l'in-
           giuria, ingiuria per ingiuria cioè vendetta, è il proprio fine dell'ira,
           come il piacer carnale è della lussuria, e la ricchezza che mal si
           tiene, o mal si spende, dell'avarizia.
              Un'ira senza ingiuria sarebbe come una lussuria senza piacer
           carnale e come una avarizia senza mal dare o senza mal tenere.
           Diranno: un'ira senza altra ingiuria che meditata e non fatta. Già:
           come una colpa della gola senz'altro stravizio che pensato e dise-
           gnato: colpa da poverini, e non da Ciacchi. Ma via: l'ira che medi-
           ta ma non fa l'ingiuria, non è ira. L'ira è pronta, è subitanea, è
           pazza. Dice S. Tommaso che tristizia, non è ira, si forma nel cuo-
           re di chi la vendetta non ispera . E a ogni modo veniale è l'ira
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           che non si conduce ad effetto . È un movimento cattivo seguito
           da un buono.


           460   Summa 2a 2ae 138, 3.
           461   Summa 1a 2ae 46, I.


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