Page 184 - Sotto il velame
P. 184
Qui si convien lasciare ogni sospetto:
ogni viltà convien che qui sia morta.
La «viltà» che rivolve co' sospetti che desta, da imprese orrevoli,
come falso vedere bestia ombrosa, è la traduzione della difficul-
tas di S. Agostino. Guardando e passando, Dante continua in que-
st'opera di mortificazione. Nel limbo continuerà a mortificare ciò
a cui è morto nel passo, o forse a seppellire ciò che nel passo ha
mortificato. E questo è l'ignoranza: quella che nasconde la via
della fede, secondo il detto su riportato. E sì. Egli si rivolge al
420
maestro :
Dimmi, maestro mio, dimmi, signore,
comincia'io, per voler esser certo
di quella fede che vince ogni errore,
uscicci mai alcuno...?
Il perchè dell'inchiesta, d'un cristiano a un pagano, il perchè, dico,
assegnato da Dante stesso, sarebbe pure un gramo perchè! Ma
Dante vuol solo far comprendere ai suoi lettori ch'egli mortifica o
seppellisce l'ignoranza di cui è figlio l'errore: l'ignoranza «origi-
nale», come io la chiamo più su.
La viltà dunque o difficoltà, e l'ignoranza originali. Ma queste
chiudono in sè, virtualmente, tutti i peccati, poichè da esse gli uo-
mini a tutti i peccati sono disposti e condotti. Onde, come Ache-
ronte, spicciato dalla fessura, cioè dalla «colpa umana», conti-
nuando il suo corso, diventa Stige e Flegetonte e Cocito; così tut-
to l'inferno è, in potenza, nel vestibolo e nel limbo, e tutto il cam-
mino, di Dante fuor della selva, è virtualmente nella selva stessa,
e tutto il tempo passato da Dante dopo quella notte, è, virtualmen-
te, in quella notte medesima. Il che significa il poeta con sue po-
420 Inf. IV 46 segg.
184