Page 183 - Sotto il velame
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che i primi ebbero quella totale infirmitas, non ostante che non
avessero punto d'ignorantia; i secondi questa totalmente, sebbene
quella niente affatto. Insomma gli ignavi e i sospesi rappresenta-
no gli effetti puri e semplici del peccato originale, in sè e per sè,
senza adiezione del peccato attuale, di cui esso è pur fomite. E
questi due effetti Dante trovò in S. Agostino o lesse riportati nella
Somma, in quell'articolo in cui erano le quattro piaghe di Beda 417
Sono l'ignoranza e la difficoltà, da cui nasce l'errore e il tormento
(cruciatus). Nel che si può vedere il perchè dei mosconi e delle
vespe. Or nè l'una nè l'altra possono addursi a scusa dei peccati
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che ne derivano, poichè «Dio ci diede facoltà (opposto a diffi-
cultas) nei laboriosi uffizi, e la via della fede nella cecità dell'o-
blìo».
Or Dante pose nel vestibolo quelli che non usarono la facoltà,
non dico di bene operare, ma di operare, vinti dalla difficoltà con-
seguente al peccato originale, e nel limbo quelli che non seguiro-
no la via della fede, acciecati dall'ignoranza pur conseguente al
peccato originale.
V.
L'Acheronte è, dunque, la morte direttamente derivata dal pec-
cato originale; e questa morte, quando si consideri il peccato in
sè, senza mistura del peccato attuale, si riduce a «difficoltà» e a
«ignoranza» totali e, diremo, originali. L'uomo vivo che entra dal-
la porta, e dal vestibolo, passando l'Acheronte, scende nel limbo,
muore a questa morte; mortifica sì la «difficoltà» e sì la «ignoran-
za» originali. In vero Virgilio, sull'entrare dice :
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417 Summa 1a 2ae 85, 3. E vedi, oltre le opere ivi richiamate di Aur. Aug., an-
che quella, che Dante è quasi certo che conoscesse direttamente: De libero
arbitrio III 19.
418 Aur. Aug. de lib. arb. III 57.
419 Inf. III 14.
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