Page 142 - Sotto il velame
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lascia condurre è «come agnel che lascia il latte», e chi se ne la-
scia ammaliare è come il «fantolino»
che muor di fame e caccia via la balia .
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Si tratta dunque d'un lieve principio che ha grave fine. E tanto la
levità del principio quanto la gravità del fine sono adombrate in
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questo terzetto :
Benigna volontade, in cui si liqua
sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa nell'iniqua.
Chè l'amore, di cui qui si tocca, è non più che «sementa»; e se-
menta, e non altro, è dunque la cupidità . L'amore che dritta-
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mente spira è quello che è «ne' primi ben diretto» e che «ne' se-
condi sè stesso misura» . La cupidità qual amore è? È quello che
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al mal si torce, o con più cura
o con men che non dèe corre nel bene ?
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Siccome la cupidità si risolve o si manifesta (secondo la poca di-
versa interpretazione della parola liquarsi) in volontà iniqua, si
deve dire ch'ella non è solamente amore che corra nel bene con
più cura che non deve. Ed è pure questo amore del proprio bene.
Chè lo dice la parola stessa, e lo dicono tutti gli esempi che ho ri-
portati di cupidi, come papa Niccolò e il nuovo Pilato e la mere-
trice. Ma è nel tempo stesso amore che si torce al male: diciamo,
che finisce con torcersi al male.
324 Par. V 79 segg. e Par. XXX 139 segg.
325 Par. XVI segg.
326 Purg. XVII 104 seg.
327 ib. 97 seg.
328 Purg. XVII 100 seg.
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