Page 135 - Sotto il velame
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peccato di concupiscibile e d'irascibile; non potrebbe essere la
           lupa peccato d'una e insieme d'un'altra disposizione?
              In verità sull'avarizia è dissidio tra i dottori. È peccato carnale
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           o spirituale? Chè  «ogni peccato consiste nell'appetito di alcun
           mutevole bene, che s'appetisce inordinatamente, e per conseguen-
           za in quello, poichè s'ottiene, alcuno inordinatamente si diletta...
           Ora il diletto è di due specie»: animale o spirituale, come riguar-
           do alla lode umana e simili, e corporale o carnale, per esempio il
           tatto. L'avarizia non ha luogo tra i peccati carnali, perchè non è
           corporale il diletto dell'avaro, come del lussurioso e del goloso;
           tuttavia si può numerare tra i peccati carnali, per questo «che la
           cosa da cui l'avaro ha suo diletto, è in qualche modo corporale».
           Si può; ma da S. Gregorio non si vuole. S. Tommaso ne esce po-
           nendo l'avarizia  «per ragion dell'obbietto, come qualche cosa di
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           mezzo tra i peccati puramente spirituali, che cercano diletto spiri-
           tuale circa obbietti spirituali (come la superbia, che è circa l'ec-
           cellenza), e i vizi puramente carnali, che cercano un diletto pura-
           mente corporale circa un obbietto corporale».
              Dante ha compreso l'avarizia tra i peccati corporali. Certo.
           Essa è di quella disposizione che ha in cima la definizione «i pec-
           cator carnali, che la ragion sommettono al talento» e in fondo l'al-
           tra «color cui vinse l'ira». Ma con ciò, egli tra i carnali mette più
           sotto gli avari, li detesta e vitupera più degli altri. Di metterli più
           sotto, aveva esempi; abominarli così e dirli bruni a ogni cono-
           scenza, egli volle per qualche suo effetto. E l'effetto è questo, di
           mostrare che essi sono come gl'ignavi e gli sciaurati di questo vi-
           zio, e che c'è, in questo vizio, qualche cosa di peggio sì, ma di
           men bruno, di più degno di come riprovazione così menzione.
              Invero l'avarizia consiste nell'eccedere la misura con la quale
           si devono tenere le esteriori ricchezze. In ciò Dante è d'accordo




           303   Summa 1a 2ae 72, 2.
           304   Summa 2a 2ae 118, 6.


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