Page 126 - Sotto il velame
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quel cenno si vede venir su una figura mostruosa, a cui il Poeta dà
il nome di Gerione, e apertamente lo dichiara sozza imagine di
Frode. Ecco dunque un primo fatto notabilissimo: quella corda
con cui Dante sperò prender la lonza è il mezzo del quale usa Vir-
gilio a prender Gerione: dal che si argomenta ragionevolmente af-
finità fra i due simboli, e che se Gerione è la frode, la Lonza sarà
la stessa cosa. Ma parmi che ciò divenga affatto evidente, quando
si badi alla rassomiglianza della pittura che fa di entrambi il Poe-
ta. Se la lonza ha la pelle gaietta e dipinta, se è leggiera e presta
molto, Gerione dal canto suo ha pelle benigna, e tutto dipinto di
nodi e di rotelle, è così veloce, che compiuto appena l'ufficio suo
si dilegua come da corda cocca». E poi spiega il significato della
corda, con cui «Dante sperò pigliar la lonza, e Virgilio piglia Ge-
rione». Egli dice: «Dante alla maniera biblica dinota col nome di
corda ogni specie di virtù: onde parlando di Pietro d'Aragona
dice:
D'ogni valor portò cinta la corda.
E qui pure la corda è per certo una virtù, atta a vincere e signoreg-
giare la Frode; è insomma, se non erro, quel buono accorgimento
col quale l'uomo d'intelletto non solo sa schermirsi dalle insidie
dei tristi, ma gli domina a suo talento, e gli fa servire, se bisogna,
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ai suoi fini» .
Due parole sulla «corda». Mettiamo che il «capestro» e la cor-
da possano anche interpretarsi in altro modo che continenza: ma
sono anche continenza. Non importa tanto di sapere il significato
della corda, quanto dell'atto di Virgilio. Fu quello un «nuovo cen-
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no» . Cenni in Dante sono quelli di Caron; quasi richiami d'uc-
cellatore . E qui è la stessa cosa. Virgilio seconda con gli occhi
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la corda che cade, e dice: «Tosto verrà di sopra...» A chiamar su
283 L. c. p. 391-2.
284 Inf. XVI 116.
285 Inf. III 117.
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