Page 125 - Sotto il velame
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la frode. E Dante nel cerchio dell'avarizia in Purgatorio, escla-
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ma :
Maledetta sie tu, antica lupa,
che più che tutte l'altre bestie hai preda,
per la tua fame senza fine cupa!
O ciel, nel cui girar par che si creda
le condizion di quaggiù trasmutarsi,
quando verrà per cui questa disceda?
Codesta lupa che Dante maledice, come non è quella dell'inferno?
Quella sembrava carca di tutte brame, quella fece misere molte
genti, quella mai non empie la bramosa voglia; e l'altra ha preda
più che tutte l'altre bestie, e ha una fame senza fine cupa. Come
non è la stessa? E per quella è profetato e aspettato un veltro che
la faccia morire e che la rimetta nell'inferno; e per l'altra è invoca-
to dal cielo uno per cui ella si parta dal mondo:
Quando verrà per cui questa disceda?
È il medesimo voto, il medesimo veltro, la medesima lupa. Non
c'è che dire. E tuttavia è la frode. Chi ragiona, non può se non
dire che ella è sì l'avarizia e sì la frode.
Ma no: non si disse e non si dice. Il geniale spirito di Giacinto
Casella intuì che le tre fiere dovevano essere le tre disposizioni ;
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ma abbagliato da quei due passi surriferiti, credè che non la lupa
ma la lonza fosse la frode. Nel che lo confermò sopra tutto quel
gittar la corda a Gerione, di che ho parlato. Il Casella dice: «Dan-
te per ordine del maestro si scioglie una corda che aveva cinta, e
colla quale dice che aveva sperato Prender la Lonza alla pelle di-
pinta; la porge a Virgilio, e questi la getta giù nell'alto burrato. A
281 Purg. XX 10 segg.
282 G. C. Dell'allegoria della D. C. nelle Opere vol. secondo, Firenze, Barbèra.
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