Page 114 - Sotto il velame
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dipintura della pelle; ma si può certo interpretare anche così: bella
e graziosa d'aspetto. E la lonza è leggiera e presta molto. Anche
qui le interpretazioni possibili sono tante; ma tra esse anche, per
esempio, questa: che ella non ha freno al suo corso, ossia che è
incontinenza. Ma un particolare intorno ad essa è tale da non am-
mettere se non una spiegazione ragionevole. Eccola. Dante 255
aveva una corda intorno cinta,
e con essa pensò alcuna volta
prender la lonza alla pelle dipinta.
Or questa corda è più probabilmente il cingolo della castità, o più
genericamente la continenza. E la continenza non è il contrario di
qualsivoglia vizio o peccato, ma di soli quelli che vengono da un
naturale émpito, da un soverchio amore del bene; di soli quelli
che sono proprii dell'appetito, il quale, come ha bisogno di spro-
ne, così, e più, ha bisogno di freno. E quella corda è quel freno .
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E un altro particolare intorno ad essa non è spiegabile se non in
un modo: quello della cagione che aveva Dante a bene sperare.
Qual era? «L'ora del tempo e la dolce stagione». L'unica spiega-
zione ragionevole è quella che Dante stesso ne dà. Invero egli fa
cantare a certi fitti nel fango: 257
Tristi fummo
nell'aer dolce che del sol s'allegra
. . . . . . . . . . . . . .
or ci attristiam nella belletta negra.
Per pena, cioè, di essere stati tristi nell'aer dolce, rallegrato dal
sole, ora ci attristiamo nella melma, in cui non è luce. La belletta
255 Inf. XVI 106 segg.
256 Tra altro, vedi Summa 1a 2ae 102, 5: renes autem accingendi sunt cingulo
castitatis.
257 Inf. VII 121 segg.
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